Economia

L’Ocse e l’offensiva Ue sugli immobili: tassate le case

di Giovanni Vasso -


La tempesta perfetta, dall’Ocse arrivano segnali di guerra contro i proprietari degli immobili. Segnatamente, quelli italiani. Secondo gli analisti dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo, il governo dovrebbe spostare il peso delle tasse dal lavoro alle case. Detta così, parrebbe quasi un’originale misura di giustizia sociale. Più soldi in tasca alle famiglie, più tasse a chi vive di rendita. In realtà, non è così. Non è originale, perché è il remake di una raccomandazione che la Commissione Ue ha fatto pervenire all’Italia il 24 maggio scorso. Non c’entra nulla con la giustizia sociale, perché i proprietari di immobili, in Italia, non sono (per il momento…) fondi senza volto o società speculative. La maggior parte dei “padroni di casa” è composta da persone fisiche, gente normale, famiglie che hanno lavorato una vita intera per lasciare un tetto sulla testa ai figli e ai nipoti. E che, magari, si sono sobbarcate l’onere di pagare un mutuo. O che lo stanno facendo ancora. Dissanguandosi, letteralmente, dal momento che con gli aumenti continui dei tassi decisi da Bruxelles, la rata, specialmente quella a tasso variabile, è diventata sempre più pesante, insostenibile.

Essere proprietari di un appartamento, oggi, non è più nemmeno una sfida. Rischia di diventare una condanna. La direttiva green incombe. Adeguare ai dettami Ue le abitazioni costa. Moltissimo. Le stime parlano di almeno 40-60mila euro. Un range “medio” per ciascun intervento. Ne avrebbero bisogno poco meno di dieci milioni di unità immobiliari. Per un importo complessivo che Federcepi, tempo fa, ha stimato in un giro d’affari pari a qualcosa come mille miliardi. Una stangata per i piccoli proprietari. Bruscolini, invece, per chi ha la liquidità necessaria. Come i grandi fondi sovrani o meno che stanno osservando l’andamento della situazione. Dopo l’aumento dei tassi che stanga chi sta ancora pagando un mutuo, dopo la direttiva green e i conseguenti costi ingenti che comporterà, specialmente per chi dovrà chiedere un prestito per poter pagare i lavori di efficientamento energetico, cioè la stragrande maggioranza, l’invito dell’Ocse ad alzare le tasse sugli immobili, sulle case degli italiani, travestito malamente da misura di giustizia sociale a favore del lavoro, in realtà andrà a pesare sull’ormai ex ceto medio, sempre più povero, sempre più sfiduciato, sempre più arrabbiato.

Ma a proposito di immobili, dall’Ocse, qualche mese fa, è arrivata anche un’altra proposta. Che consente di vedere il quadro d’insieme. Potenzialmente, la proposta arrivata a giugno da Parigi rischia di rivelarsi uno tsunami per i possessori di unità immobiliari e una manna per gli euroburocrati di Bruxelles. Aderendo all’invito del G20 di febbraio scorso, gli analisti Ocse hanno elaborato l’idea di una sorta di catasto globale. La domanda posta dalla presidenza indiana riguardava la necessità di rendere più trasparenti le regole in materia di real estate, specialmente per quel che riguarda le proprietà internazionali. La risposta è stata quella di ipotizzare un sistema di accesso diretto alle informazioni catastali su scala globale finalizzato a dotare il Fisco di ogni Paese di uno strumento in più per tenere sotto controllo, insieme alle transazioni, il valore degli immobili. Insomma, la tanto attesa (da Bruxelles) riforma del catasto italiano. Uno scoglio su cui si sono già infranti gli sforzi di tanti governi. Persino quelli di due top player inattaccabili, i “nostri” SuperMario: Monti e Draghi. Nemmeno loro sono riusciti a riformare il catasto. Nel senso auspicato, a maggio scorso per l’ultima volta (solo in senso temporale), dall’Europa. Che vorrebbe aggiornare i valori immobiliari e dunque quelli delle rendite. A quelli “reali” di mercato. Sarebbe, potenzialmente, la riscrittura dello stesso mercato immobiliare. Nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore, invece, non rappresenterebbe altro che un modo, efficacissimo, di inasprire le tasse e ricavare qualche soldo in più dalle case degli italiani.

Il consiglio dell’Ocse sugli immobili non è altro che la ripetizione, con altri mezzi, dei desiderata Ue al governo italiano. È praticamente uguale, nei contenuti, alla raccomandazione numero 1, quinto comma (se così si può chiamare), pervenuta a Giorgetti e Meloni da Bruxelles. Che suggerisce, testualmente, di “ridurre ulteriormente le imposte sul lavoro e aumentare l’efficienza del sistema fiscale mediante l’adozione e la corretta attuazione della legge delega di riforma fiscale, preservando nel contempo la progressività del sistema fiscale e migliorando l’equità, in particolare mediante la razionalizzazione e la riduzione delle spese fiscali, comprese l’Iva e le sovvenzioni dannose per l’ambiente, e la riduzione della complessità del codice tributario; allineare i valori catastali ai valori di mercato correnti”. La sorpresa, però, è che il governo ha recepito (almeno formalmente) questa raccomandazione. Nella Nadef, infatti, è spuntata la volontà, da parte del governo, di accontentare l’Ue sull’adeguamento dei valori catastali a quelli di mercato. Potenzialmente, c’è la base per la stangata. E considerando che il governo ha disperato bisogno di incassare, dal momento che (tra le altre cose) dovrà bruciare 14 miliardi in interessi grazie alle strategie rigoriste sui tassi della Bce, il rischio di una mazzata c’è. E inizia a preoccupare cittadini e famiglie. Anche perché la sola ipotesi di un nuovo aumento delle tasse, unita alla grande paura della direttiva green e ai mutui stellari, sta depauperando il valore del patrimonio immobiliare italiano. Tra un po’, non solo sarà impossibile stare dietro ai costi della casa ma sarà anche economicamente fallimentare. Che senso avrà indebitarsi per migliaia di euro se la casa, bene rifugio per eccellenza, rischia di trasformarsi in una baracca che fa acqua da tutte le parti?


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