Indagine OCSE: “In Italia oltre il 35% di analfabeti funzionali”
In Italia il 35% degli adulti nella fascia d’età compresa tra i 16 e i 65 anni è considerato analfabeta funzionale, lo rivela l’ultima indagine dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). Questo significa che, pur sapendo leggere e scrivere, una parte significativa dei cittadini italiani ha difficoltà a comprendere testi più o meno complessi – e ad utilizzare le informazioni elaborate nella quotidianità. Questa condizione non riguarda solo la lettura, ma abbraccia anche altri settori specifici, come quello del calcolo matematico, fino ad arrivare al “problem solving”. Il 35% degli adulti italiani ha ottenuto punteggi pari o inferiori al livello 1 in matematica, indicando difficoltà in particolare anche nei calcoli elementari. L’analfabetismo funzionale rappresenta un ostacolo significativo e da non sottovalutare per l’innovazione e la competitività e la produttività del sistema del nostro Paese. Le persone con competenze “limitate nella comprensione” e nell’uso delle informazioni mostrano anche una notevole difficoltà di adattamento ai cambiamenti delle richieste del mercato del lavoro e di conseguenza ad una limitata e scarsa possibilità di poter contribuire in maniera attiva allo sviluppo sia economico che sociale, in costante e mutevole cambiamento. Inoltre, l’analfabetismo funzionale è strettamente legato con l’analfabetismo digitale. Molti italiani non sarebbero in grado di utilizzare strumenti digitali, come ad esempio cercare informazioni online o utilizzare applicazioni per la gestione e l’archiviazione delle informazioni reperite.
DATI A CONFRONTO TRA ITALIA E GLI ALTRI PAESI
Secondo i dati diffusi, l’Italia si collocherebbe tra i Paesi europei con i livelli più alti di analfabetismo funzionale. Solo Turchia e Cile presenterebbero, infatti, percentuali superiori – del 45,7% e del 53,4% -. Solo la Spagna sembrerebbe avere una percentuale simile al nostro Paese, mentre Germania e Stati Uniti registrano valori nettamente inferiori che si aggirerebbero intorno al 17,5%. I Paesi dell’Est Europa, come Repubblica Ceca, Slovacchia ed Estonia, mostrano percentuali significativamente più basse, tra l’11,6% e il 13%. Inoltre, solo il 5% degli italiani raggiunge i livelli più alti di competenza – livello 4 o 5- , contro una media OCSE del 12%. Questo indica una carenza significativa di competenze avanzate nella popolazione italiana. Cosa si può fare per ridurre questo problema? È fondamentale, per prima cosa, investire nell’istruzione e nella formazione continua, oltre che nella promozione della lettura e della cultura per migliorare le competenze (basiche) della popolazione e ridurre, in questa maniera, il divario con gli altri Paesi dell’Europa. La domanda che sorge spontanea è sul perché ci sarebbero queste carenze. Sicuramente alla base si potrebbe evidenziare la presenza di un sistema educativo a livello famigliare (con ristrette possibilità economiche o volontà) che non sempre riesce/vuole fornire competenze pratiche e applicabili nella vita quotidiana. Da non sottovalutare anche il basso investimento nella formazione continua degli adulti e una cultura che spesso non valorizza l’apprendimento permanente a causa di un sistema scolastico non sempre corrispondente alle singole necessità degli alunni. Gli specialisti, durante la pandemia di COVID-19, avevano parlato delle problematiche a lungo termine derivanti dalla chiusura delle scuole. E proprio il passaggio all’apprendimento online avrebbe colpito duramente gli studenti – in particolare i ragazzi provenienti da situazioni socio-economiche svantaggiate -, aumentando in tal modo il divario educativo. È fondamentale investire nell’istruzione, nella formazione continua, nella promozione della lettura e della cultura per migliorare le competenze della popolazione. Solo attraverso un impegno condiviso tra istituzioni, scuola e società sarà possibile migliorare le competenze della nostra popolazione per un investimento personale e per un futuro più ricco sotto ogni punto di vista.
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