Oggi la Camera archivierà il caso Almasri, ma attenzione al nodo Bartolozzi
Anche Giorgia Meloni attesa in aula
Oggi nell’emiciclo di Montecitorio sarà messo un punto definitivo al caso Almasri. Almeno per quanto riguarda il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il titolare del Viminale Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano. L’aula della Camera, a maggioranza assoluta, dovrà infatti esprimersi sulla richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal Tribunale dei ministri. L’esito del voto appare scontato: la maggioranza, come già accaduto in Giunta per le autorizzazioni, farà valere i numeri ed eviterà il processo a carico dei tre componenti del governo finiti sotto indagine. L’unica accortezza necessaria sarà quella di garantire la presenza di almeno 201 esponenti del centrodestra.
La linea dell’opposizione
Ad ascoltare le indiscrezioni che si rincorrono in Transatlantico, in aula è attesa anche Giorgia Meloni. E la presenza della premier è sempre un grande incentivo per i deputati di maggioranza a prendere parte ai lavori. Di certo, si partirà con la relazione di maggioranza affidata all’azzurro Pietro Pittalis a cui seguirà quella del deputato Pd Federico Giannassi, già bocciata in Giunta. Le posizioni dei due sulla gestione del caso Almasri non potrebbero essere più lontane. L’esponente di opposizione è favorevole alla richiesta di processo per Nordio, Piantedosi e Mantovano. L’assunto è che il rimpatrio di Almasri sia avvenuto per “mero opportunismo politico” del governo.
La posizione della maggioranza
Dal fronte della maggioranza, invece, Pittalis si appellerà, come confermano autorevoli fonti di maggioranza a diretto contatto con il dossier, alla “logica pregiudiziale” che avrebbe spinto la magistratura a intervenire. Addirittura screditando testimoni dall’alto profilo istituzionale le cui ricostruzioni cozzano con la tesi elaborata dai giudici. Un richiamo quello al “pre-giudizio” delle toghe che si sono occupate del caso Almasri che si ripete più volte nelle pagine della relazione di maggioranza. Quello dipinto è, insomma, un quadro che rievoca l’eterno conflitto tra poteri dello Stato e richiama la suggestiva eventualità di un uso politico della giustizia.
Il nodo Bartolozzi
Il documento va però anche al di là del perimetro nel quale si inserisce la posizione dei ministri Nordio e Piantedosi e del sottosegretario Mantovano. Pittalis affronterà, infatti, anche la questione relativa alla posizione del capo di gabinetto del ministero della Giustizia, Giusi Bartolozzi. L’indagine a suo carico per dichiarazioni mendaci, è la tesi che esporrà il deputato di Forza Italia, non sarebbe partita se il Tribunale dei ministri non avesse agito contro gli esponenti del governo. Questo dimostrerebbe una connessione con i reati contestati al ministro Nordio e, dunque, la necessità che anche per Bartolozzi fosse richiesta l’autorizzazione a procedere della Camera.
L’ipotesi del conflitto di attribuzione
Il fatto che ciò non sia avvenuto, per Pittalis, è la conferma di una strategia tesa a frammentare “l’unitarietà della vicenda” proprio al fine di ricondurre il nodo Bartolozzi a un procedimento ordinario. L’obiettivo? La risonanza mediatica che avrebbe la vicenda in un’aula di tribunale, che in tal caso coinvolgerebbe molti altri soggetti, mettendo in cattiva luce il governo. Salvo che, conclude la relazione, la Camera non si attivi per salvaguardare le proprie prerogative, che si suppone siano state violate, sollevando un conflitto di attribuzione dinanzi alla Consulta.
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