Cultura & Spettacolo

“Ogni cosa è collegata. Sul palco vi spiego perché”

di Redazione -


di GABRIELE GRAZI
Incontriamo Gabriella Greison in occasione del suo spettacolo per Arezzo Science Lab “Entangled – Ogni cosa è collegata”, titolo omonimo dell’ultima pubblicazione della fisica, scrittrice, attrice teatrale, drammaturga e divulgatrice scientifica per Mondadori (“Ogni cosa è collegata”), libro appena uscito ma già grande successo.
“Ogni cosa è collegata” sembra più che un titolo, quasi una dichiarazione d’intenti che si muove per tutte le pagine del libro. La teoria del tutto qui si allarga e diventa non solo una meta della fisica contemporanea, ma un approccio alla vita nella sua interezza. Cosa è emerso dalle sue ricerche, questa teoria del tutto è una splendida utopia o ha una occasione di vedere la luce?
L’insegnamento principale che ho tratto dalle mie ricerche sul posto, perché io per scrivere un libro vado sempre nei posti che racconto e lì studio, è che tutto è collegato. È un concetto veramente molto semplice, probabilmente l’avrete già sentito parecchie volte. È un concetto alla base di quasi tutte le tradizioni spirituali dell’umanità della storia. Io, però, ogni volta che ho sentito le persone menzionare questa frase, che “siamo tutti collegati”, mi è sempre sembrato qualcosa che vorrebbero poter credere fosse vero, ma in realtà è un concetto astratto, qualcosa di esoterico, di indimostrabile; eppure sembra quasi che tutti vorrebbero davvero che l’universo fosse così. Collegato. Ma se ci concentriamo su noi stessi, tutto in noi è collegato. Siamo importanti per il mondo, e il mondo è importante per noi. Ebbene, nel libro ve lo dimostro. Scientificamente.
I due protagonisti del libro sono Pauli e Jung, uno dei fisici più importanti della storia e tra i creatori della fisica quantistica, e dall’altro lato uno dei padri della psicoanalisi. Li accomuna una tensione, la ricerca di un senso paradossalmente metafisico. Ci può riassumere il suo punto di vista?
La scienza e gli scienziati sono i primi che si fanno delle domande, su qualsiasi cosa accada. La scienza è lontana dallo spiegare tutto l’insieme, ma, quando ce la fa, le risposte che fornisce sono sicuramente le più affidabili. Nel XX secolo questo era ovvio, oggi non lo è più. Oggi vediamo contrapporre agli scienziati i filosofi, su ogni argomento passi in televisione, come a voler schematizzare una contrapposizione tra la scienza e la ricchezza di pensiero. No, non è così. La scienza non è razionalità e il pensiero non è irrazionalità. Io penso che la realtà sia solo un’idea che noi vogliamo dare alle cose che guardiamo. Abbiamo necessità di darne una rappresentazione, e quindi con la nostra testa, insieme a tutti gli automatismi che ci hanno inculcato, creiamo questa idea. Visualizziamo la realtà perché abbiamo necessità di farlo. Ma potremmo anche non farlo.
Uno dei problemi fondamentali che solleva la fisica quantisica è il momento della misurazione e quindi il crollo della funzione d’onda, che ha echi e riverberi anche qui nel modo di intendere il mondo. Ce lo può spiegare?
Per la maggior parte delle persone, non c’è differenza tra realtà e informazioni sulla realtà. Va bene anche così, sia chiaro. Ci hanno insegnato da bambini che per parlare di qualcosa che ci troviamo di fronte, se è un oggetto, dobbiamo saperlo descrivere. Se ci troviamo di fronte a una poltrona, sappiamo dire approssimativamente quanto è grande, quali sono le dimensioni, il colore, il tipo di stoffa, la forma. Entrare sempre più nel dettaglio, fino a concentrarsi anche su piccolissime parti, fino ad arrivare agli atomi, e, se vogliamo rispondere a domande sugli atomi che compongono la poltrona, andiamo a prendere un microscopio e continuiamo a conoscere cose nuove per poter rispondere. Tutte queste curiosità, però, sono frutto di un lavoro attento che è stato fatto sul nostro modo di ragionare, che risponde ai requisiti della fisica classica.
Leggendo il suo libro troveremo anche lati umani, tormenti e illuminazioni. Si può dire che dobbiamo mettere in discussione ciò che crediamo di sapere per arrivare ad alcune profonde verità e questo provoca necessariamente un processo di crisi? Vale per anche per il nostro quotidiano?
Mi rifaccio a Primo Levi per dare una conclusione a tutto questo tormento: quello che comunemente definiamo comprendere è solo semplificazione. Oggi c’è un’eccessiva tendenza alla semplificazione. Ma non si può schematizzare tutto. Il conoscibile non è uno schema. L’esperienza che facciamo è complessa, ed è solo su questa che dobbiamo basarci. L’esperienza ci permette di fare una selezione tra i concetti, le parole, i processi mentali. Così come la conoscenza, lo studio, la curiosità. Il cervello è una condizione necessaria per farci essere quello che siamo. Il cervello è legato alla nostra corporalità, che si è adattata al nostro mondo con leggi fisiche ben precise. Il cervello non è un computer, è molto di più. Ognuno di noi ha formato la propria coscienza mettendo in gioco le sensazioni corporee. Sono i sensi che ci fanno essere coscienti, ci fanno sentire i profumi, i sapori. E il corpo è la fonte principale della consapevolezza.
Da studiosa quali sono invece in positivo i progetti più affascinanti e promettenti su cui le comunità scientifiche stanno lavorando?
Ci sono diversi misteri della fisica moderna in attesa di essere risolti, a me incuriosiscono quelli legati al mondo dell’infinitamente piccolo, perché di questo mi occupo, di fisica quantistica. Studiamo per rispondere a domande come che cos’è la materia oscura? Di cosa è fatta? Esiste davvero? Cos’è l’energia oscura, quella che fa accelerare l’espansione dell’universo? Esiste davvero? Cosa succede all’energia (quantistica) del vuoto? Grande mistero…come possiamo risolverlo? Qual è la soluzione all’eterno problema della misura in fisica quantistica – quella legata anche al paradosso del gatto di Schroedinger? I modelli di collasso dinamico daranno un segnale misurabile? Sarebbe una rivoluzione in tutta la fisica, poiché significherebbe che l’attuale meccanica quantistica è solo l’approssimazione di una nuova teoria che deve ancora essere scoperta. Ancora, i neutrini, queste particelle fantomatiche di cui non siamo ancora riusciti a misurare la massa (piccolissima), sono particelle di Majorana o di Dirac? Cosa è successo all’antimateria – dove è scomparsa subito dopo il Big Bang – la rottura della simmetria CP spiega, ma solo in parte, questo affascinante mistero. Perché viviamo in un Universo di materia?
Lei si è sempre distinta anche per lo studio e l’attenzione che ha posto sulle figure femminili troppo spesso dimenticate e sottostimate nella storia della scienza, ad esempio in questo suo ultimo libro tra le altre figure emerge quella di Grete Hermann. Chi è che considera come sua maestra?
In questo libro racconto di Grete Hermann e di Chieng Shiung Wu. Avevo necessità di delineare meglio queste due grandi scienziate, oggi più che mai. In particolare, Grete Hermann è stata la creatrice della teoria relazionale della fisica quantistica, una teoria scippata da molti divulgatori scientifici oggi, senza riconoscerle il merito della creazione. Il suo ragionamento parte da lontano: visto che ci sono alcuni passaggi nella nascente teoria quantistica che contrastano con la logica e con la fisica classica (quindi con la nostra esperienza quotidiana), possiamo uscire dall’impaccio spiegando tutto con le relazioni. I punti che non reggono la logica sono contenuti nel principio di indeterminazione di Heisenberg, che afferma che, se di una particella si conosce la posizione, non si può sapere qual è la sua velocità, e viceversa. Spiegando, invece, la meccanica quantistica con le relazioni, Hermann crea la teoria relazionale della meccanica quantistica, in cui ogni fenomeno può essere considerato solo se è visto in relazione con gli altri. Un tavolo o un albero non esistono a sé stanti, ma perché sono in relazione con quello che li circonda e anche con noi che osserviamo. La teoria relazionale della fisica quantistica le fu sottratta, e per molto tempo non si seppe che fu lei ad averla creata (ancora oggi il suo nome non viene citato nei racconti che se ne fanno). Una delle persone che meglio comprese questa teoria, e che la diffuse in seguito, fu Wolfgang Pauli.
E Chieng Shiung Wu?
La stessa cosa, Pauli la fece con Chieng Shiung Wu, per questo racconto bene anche lei nel libro. Loro sono le mie maestre, così come le altre mie “Sei donne che hanno cambiato il mondo” (dal libro pubblicato con Bollati Boringhieri, che è anche un altro mio spettacolo teatrale).

Torna alle notizie in home