Attualità

Oi vita mia! Perchè al SUD si muore prima

di Cristiana Flaminio -


Nascere al Sud può essere una sventura. E non è retorica. Chi vive al Mezzogiorno ha una speranza di vita minore degli altri italiani che risiedono al Centro e soprattutto al Nord. Può costare fino a tre anni di vita (in meno) la “sfortuna” di essere nati in una famiglia meridionale. I dati, agghiaccianti, sono stati resi noti da Save the Children durante la 13esima edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia. Le cifre, che non mentono, sono una sentenza: la media italiana dell’aspettativa di vita è di 82,4 anni. Ma chi nasce a Caltanissetta può aspettarsi di viverne poco più di ottanta (80,2), tre in meno di un fiorentino (83,9).

Mortalità infantile Calabria al top

Ma c’è chi non riesce nemmeno ad affacciarsi alla vita. I dati sulla mortalità infantile, confrontati tra Nord e Sud, fanno davvero paura. In Toscana, per esempio, il tasso di decessi nel 2021 è stato di 1,45 ogni mille bambini nati vivi. Ebbene, in Sicilia queste cifre aumentano paurosamente fino a 3,34 per mille. La Calabria fa ancora peggio: 4,42. E se il bambino è figlio di una mamma straniera, le cose si fanno ancora più complicate: la mortalità arriva fino al 38.

Migrare per curarsi

Finita qui? Nemmeno per idea. Un bambino che ha bisogno di cure, se nasce al Sud, deve imparare da subito la lezione drammatica dell’emigrazione. Nel 2019, il 70% dei piccoli bisognosi ha dovuto lasciare la propria Regione d’origine per accedere ai trattamenti sanitari. In Campania, il dato dei bambini che non hanno mai praticato sport è disastroso: il 45,5% dei minori tra i 3 e i 17 anni non ha mai frequentato né campi, né palestre, né altro. Il dato fa riflettere specialmente se lo si accosta a quello della provincia autonoma di Bolzano dove il tasso di ragazzi che non praticano sport è sotto il 7 per cento (6,9).

Un bimbo su tre è obeso

Non fare sport, vuol dire che ci ritroviamo con (più) di un ragazzino (da 3 a 10 anni) su tre obeso. Con tutti i problemi di natura sanitaria che ne derivano. A complicare le cose, oltre alla povertà delle famiglie e all’impossibilità di accedere a strutture sportive, c’è stata la pandemia. Se nel biennio tra il 2018 e il 2019, era poco più del 32%, oggi arrivano a superare il 34%. A questo va aggiunto il fatto che un’alimentazione sana è un autentico miraggio per un bambino su venti che vive in uno stato di bisogno e di povertà che si estende alle necessità alimentari.

Pm10 e ritardi cognitivi

Tuttavia, oltre al cibo, ci sono problemi. Uno, gravissimo, è quello inerente l’inquinamento da polveri sottili. Che, secondo gli studi pubblicati da Save the Children, limiterebbe lo sviluppo cognitivo dei bambini. L’81,9 per cento dei bambini vive in zone in cui la concentrazione di polveri è maggiore ai limiti massimi indicati dall’Oms. Un dramma che, in otto regioni, interessa tutti i minori residenti e si tratta di Puglia, Trentino Alto Adige, Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Veneto e Piemonte. Gli effetti dell’inquinamento impattano sulle condizioni di salute fisica dei bambini (l’8,4% dei piccoli tra i sei e i sette anni soffre di asma) ma anche sullo sviluppo cognitivo che sarebbe migliore del 13% in quelle zone dove, invece, i livelli delle Pm10 risultano più contenuti. Si tratta di un problema che riguarda principalmente il Nord Italia, come rivelano leRegione coinvolte. Ma il Sud non è per nulla esente da quest’altro gravissimo problema che incombe sulla popolazione minorile.

“Rimettere al centro la salute dei bambini”

Claudio Tesauro, presidente di Save the Children, ha commentato così i risultati della nuova indagine di studio sulle condizioni dell’infanzia in Italia: “I dati dell’Atlante mostrano la necessità di mettere la salute dei bambini al centro di tutte le scelte politiche, dalla tutela dell’ambiente urbano alle mense scolastiche, fino agli spazi per lo sport e il movimento, con una particolare attenzione al tema della salute mentale degli adolescenti, fortemente colpiti dalla pandemia. Questo impegno è ancor più urgente oggi, in un Paese che attraversa una difficile fase economica e che ha toccato il picco di quasi un milione e 400mila bambini in povertà assoluta”. Quindi ha concluso: “Per molti di loro, la povertà materiale ed educativa si traduce anche in povertà di salute e occorre fare di tutto per spezzare questo circolo vizioso, orientando le risorse disponibili sui territori che maggiormente soffrono queste difficoltà”.


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