Omicidio Mattarella, arresti domiciliari per l’ex prefetto Piritore. Spunta pure il nome di Contrada
Clamorosa svolta nelle indagini sul delitto a 45 anni di distanza
La macchina in via Libertà , luogo dell'agguato in cui è stato ucciso Piersanti Mattarella il 6 gennaio 1980 a Palermo
Omicidio di Piersanti Mattarella, l’ex prefetto Filippo Piritore agli arresti domiciliari: la misura, notificata dalla Direzione Investigativa Antimafia e comunicata dalla Procura di Palermo.
Omicidio Mattarella, l’arresto dell’ex prefetto
Piritore, già funzionario della Squadra Mobile di Palermo, è accusato di depistaggio nelle indagini sull’omicidio di Piersanti Mattarella, ex presidente della Regione Siciliana.
La vicenda attuale si concentra sul guanto trovato il giorno dell’omicidio all’interno della Fiat 127 usata dai killer, un elemento mai repertato né sequestrato. Ai magistrati, Piritore aveva rilasciato dichiarazioni ritenute prive di riscontro, contribuendo quindi a sviare le indagini anche sul rinvenimento del guanto, mai in possesso degli inquirenti.
Le indagini sul delitto, la decisione dei domiciliari per Piritore
Secondo le indagini, ascoltato come testimone dai pm nel settembre 2024, Piritore ha detto di aver affidato il guanto all’agente della Polizia Scientifica Di Natale, che avrebbe dovuto consegnarlo a Pietro Grasso, allora sostituto procuratore titolare delle indagini.
Questa versione è risultata priva di riscontri, spiegano i magistrati di Palermo, e ha provocato un depistaggio rilevante. Da qui, la decisione della misura.
Il delitto
Piersanti Mattarella era nato nel 1935 a Castellammare del Golfo. Politico della Democrazia Cristiana, venne eletto presidente della Regione Siciliana il 9 febbraio 1978.
Mattarella guidava una giunta di centro-sinistra con l’appoggio esterno del Partito Comunista Italiano, portando avanti una forte azione di rinnovamento e moralizzazione contro la mafia e la corruzione nella pubblica amministrazione.
Il 6 gennaio 1980, mentre si recava in auto a messa a Palermo, venne assassinato da sicari di Cosa Nostra. Il suo impegno nel bloccare i legami tra mafia e istituzioni costituisce la ragione principale dell’omicidio.
Le indagini sul delitto sono ancora aperte perché, oltre ai mandanti ed esecutori, permangono dubbi sull’eventuale depistaggio e sulle responsabilità dei soggetti coinvolti in ritardi e ostacoli investigativi.
Il nome di Contrada
Bruno Contrada, ex numero due del Sisde condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, spunta nella vicenda delle indagini sull’omicidio Mattarella svoltate con gli arresti domiciliari per l’ex prefetto Piritore.
Contrada, secondo una sentenza ormai definitiva, nel 1980, anno del delitto Mattarella, aveva rapporti con la mafia di Michele Greco e Totò Riina mentre indagava sull’omicidio sia come capo della Squadra mobile sia come capo della Criminalpol.
L’accusa sostiene che, occupandosi dell’inchiesta sull’assassinio, Contrada intrattenesse relazioni riservate con i boss mafiosi.
L’ex numero due del Sisde partecipò alle indagini sul luogo del delitto il 6 gennaio 1980, insieme all’ufficiale dei carabinieri Antonio Subranni e all’allora pm Piero Grasso.
Raccoglieva informazioni dalla vedova di Mattarella, Irma Chiazzese, e dal figlio Bernardo, presenti all’omicidio.
Piritore ha dichiarato di aver avvisato Contrada riguardo al guanto. Contrada gli ordinò di informare il dottor Grasso e di consegnare i reperti alla Scientifica. Contrada e Piritore si frequentavano e avevano un rapporto di amicizia anche fuori dal lavoro.
(in aggiornamento…)
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