Politica

Ora Conte rifà i conti. Primi segnali di apertura si rischia l’effetto fotocopia

di Maurizio Zoppi -

GIUSEPPE CONTE POLITICO


“Clamoroso al Cibali” urlava il radio cronista Sandro Ciotti durante la partita Catania- Inter nel 1961. Oggi possiamo dire: “Clamoroso al Nazareno”. Se decenni fa Elly Schlein voleva occupare le stanze della segreteria del Pd, oggi ne detiene la leadership. La inaspettata vittoria alle primarie democratiche della giovane e neo iscritta al Partito Democratico, potrebbe in poco tempo trasformare, non solo il suo partito, ma potrebbe creare una vera e propria rielaborazione di ciò che è ad oggi il Movimento 5 stelle.
Ma partiamo dalle regionali del 12 e 13 febbraio. Gli sconfitti parlarono di “vittoria dimezzata” per il centrodestra, vista l’elevata astensione. Con la stessa logica bisognerebbe definire “dimezzata” la vittoria di Elly Schlein, che giorni fa ha vinto le primarie del Pd sconfiggendo a sorpresa il rivale Stefano Bonaccini, ma con un numero di votanti abbondantemente inferiore al potenziale elettorato del suo partito. Infatti ai gazebo si sono recati circa un milione di persone, contro il milione e seicentomila delle primarie dell’epoca Zingaretti e i tre milioni e mezzo delle consultazioni durante la segreteria Veltroni. La verità è che il Pd, dalla sconfitta del settembre scorso alle elezioni politiche, non ne ha più azzeccata una e ha ritardato l’appuntamento con le primarie perché nessun nuovo potenziale segretario voleva intestarsi la sconfitta alle regionali di 2 settimane fa. Meglio, quindi, usare Enrico Letta come parafulmine fino alla fine, per poi ripartire con una nuova segreteria alla quale dare il tempo di strutturarsi, visto che fino alle europee del 2024 non dovrebbero più esserci appuntamenti elettorali. Tuttavia la tradizione non porta bene, perché in passato tutti i nuovi segretari del Pd hanno poi perso le elezioni. Peraltro in questo caso il Pd è un partito spaccato in due, con la Schlein che vince di circa 8 punti sul favorito Bonaccini, ma in una comunità profondamente divisa, disorientata e che ha fatto fatica, anche durante le settimane di campagna per le primarie, a scorgere vere e proprie differenze tra i due candidati. La novità di queste primarie sta nel confronto tra i voti dei circoli e quelli dei gazebo. Per la prima volta i voti dei circoli degli iscritti sono stati smentiti da quelli dei gazebo, quindi la classe dirigente del Pd ha espresso una preferenza per Bonaccini, ma è stata sconfessata dai voti dei simpatizzanti, andati in maggioranza alla Schlein. Le correnti, che tutti gli aspiranti leader dem dichiarano di voler sopprimere, in realtà sopravvivono e dividono. Basti pensare che dietro la Schlein, che pure si spacciava per il “nuovo che avanza”, c’erano esponenti storici del Pd come Andrea Orlando e Dario Franceschini.

Dem e grillini uniti a sinistra?

La possibile trasformazione del Pd in una costola del Movimento 5 stelle o viceversa, lo slittamento verso sinistra di un partito che oggi sceglie di rinunciare a buona parte del suo profilo moderato e la scelta di non fare i conti con una nuova fase storica in cui il Pd non può più essere quello che è sempre stato: il partito “argine”, fa proprio dei democratici e dei grillini un nuovo laboratorio politico indirizzato verso la sinistra a cui il leader del Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte, ha già teso la mano. La situazione sembrerebbe tutta “rose e fiori”, se si guarda la fotografia statica degli avvenimenti, ma di certo non mancheranno i mal di pancia e la corsa in altri partiti, di tutta quella area moderata che si trova all’interno del Movimento 5 Stelle e del Pd, a cui questa drastica virata a sinistra non è assolutamente piaciuta. La reazione di una grande fetta del Movimento 5 Stelle era prevedibile: il trionfo di Elly Schlein alle primarie dem ha fatto saltare dalla gioia i grillini, che ora avranno una sponda per portare avanti una serie di battaglie condivise. Così l’asse si allontana dal riformismo e si sposta sempre più a sinistra, ponendo i presupposti per una ricomposizione della formazione giallorossa in Parlamento. Certamente è presto per parlare di un’eventuale strada che porti a un’alleanza nazionale, ma dal M5S iniziano ad arrivare i primi segnali di apertura.

Primi segnali di apertura dal Movimento

Alla notizia del successo della nuova segretaria del Partito democratico ha brindato Giuseppe Conte, felice per le prospettive che potrebbero delinearsi: “Gli elettori Pd hanno chiesto un cambiamento rispetto a chi ha barattato le misure del Conte 2 su lavoro, ambiente, povertà, sostegno ad imprese e ceto medio con la vuota agenda Draghi”. E non ha perso l’occasione per intestarsi le battaglie appena citate: “Su questi temi noi abbiamo già da tempo progetti chiari”. La segretaria nazionale del Pd Schlein, dovrà essere in grado di non diventare subalterna a Giuseppe Conte nella dialettica politica. Allo stesso modo va scritto come il M5S, che fino a ieri si è mosso in una prateria in maniera autonoma, da oggi avrà un nuovo compagno che potrebbe pestargli i piedi. Ma nel frattempo la felicità è diffusa. Anche Per Francesco Silvestri, capogruppo 5S alla Camera; ora le battaglie del suo partito si faranno più forti grazie al supporto del nuovo corso politico dei dem. Ad esempio si potrebbe rafforzare l’asse dello scetticismo sull’invio di armi all’Ucraina e dell’ambientalismo. “Speriamo che in casa Pd si apra una stagione capace di interpretare la voglia di cambiamento dei cittadini. In questi anni siamo spesso stati lasciati soli da un Pd spaesato e senza bussola. Ci auguriamo che questo nuovo corso possa creare sinergie costruttive”, ha aggiunto Silvestri. E come dimenticarci del reddito di cittadinanza tanto voluto anche dalla segretaria dem con il passaporto americano?

Possibile convergenza sul reddito di cittadinanza

Il reddito di cittadinanza sembra essere il tema su cui, più che su ogni altro, si può trovare una convergenza, se non addirittura un fronte comune, tra Pd e Movimento 5 Stelle. Con una battaglia da portare insieme anche su altre tematiche come il salario minimo. Insomma due partiti che rischiano di essere l’uno, la fotocopia dell’altro. E questo Giuseppe Conte lo sa bene.

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