Otto marzo, parla Simona Malpezzi: “Parità di genere: serve riforma strutturale non solo quote rosa”
SIMONA MALPEZZI PD
L’Otto marzo non è solo una giornata di celebrazione, ma anche un’occasione per riflettere sui diritti delle donne e sulle sfide ancora aperte in ambito lavorativo e sociale. Il dibattito sulle quote rosa, sulla parità salariale e sulle misure necessarie per garantire pari opportunità continua a essere centrale, in un contesto in cui le donne faticano ancora a raggiungere posizioni apicali e a conciliare carriera e vita familiare. Ne parliamo con la senatrice del Partito Democratico, Simona Malpezzi.
Otto marzo richiama quote rosa: cosa ne pensa? Tutela o discriminazione?
Non sono una discriminazione. È chiaro, a me non piace essere considerata una quota, ma senza le quote rosa non si riesce neppure a intraprendere il cammino per arrivare alla vera parità. Purtroppo, i dati INPS di qualche settimana fa certificano questa realtà: solo una dirigente d’azienda su cinque è donna, e lo stesso vale per le posizioni apicali. Questo significa che ancora non siamo riuscite davvero a ottenere quei ruoli che non ci devono essere dati in quanto donne, ma perché abbiamo preparazione e competenza pari a quella degli uomini, se non superiore. Anche questo è confermato dai dati INPS. Per cui, se le quote rosa dovevano essere uno strumento per iniziare il percorso, è evidente che il percorso non si è ancora completato.
Come si può proseguire?
Va cambiata la società. Le quote rosa possono essere efficaci solo se si lavora parallelamente per cambiare la società, a partire dal congedo parentale, che dovrebbe essere davvero paritario. Ricordiamo che il congedo parentale paritario fa sì bene alle madri, ma anche ai bambini e ai padri, perché aiuta nella crescita dei figli. Altro aspetto cruciale è garantire strumenti che consentano alle donne di poter lavorare. Tra questi, tutte le misure che possano sostituire il loro carico di cura. L’Italia è un Paese profondamente disuguale nella disponibilità di asili nido, con forti disparità tra Nord e Sud. Purtroppo, l’ultima legge di bilancio ha ridotto l’obbligo per le regioni di raggiungere la percentuale richiesta dall’Europa, mantenendo solo un parametro nazionale. La legge voluta durante il governo Draghi, invece, spingeva le regioni a raggiungere gli obiettivi europei e prevedeva risorse del Pnrr, molte delle quali ancora inutilizzate. Inoltre, il problema della cura continua a pesare principalmente sulle donne, ostacolando la carriera lavorativa. Siamo quelle che più frequentemente sono costrette a chiedere il part-time, con conseguenti carriere frammentarie, stipendi più bassi e pensioni inferiori. Tutto ciò non contribuisce alla vera parità. Queste sono le misure su cui dovremmo insistere e un Parlamento dovrebbe sostenerle in modo trasversale. Non bastano spot o bonus: c’è bisogno di una riforma strutturale per cambiare davvero il Paese.
La ministra Calderone in Aula ha detto che il gap per le donne non è solo salariale. Ed è così, ma il divario economico rimane cruciale…
Il divario salariale esiste per le ragioni che dicevo prima. Con una conseguente discontinuità lavorativa che le rende economicamente più vulnerabili all’interno delle famiglie. Quando una famiglia deve scegliere chi deve rinunciare al lavoro, la scelta cade sulla donna, perché il suo reddito incide meno sul bilancio familiare. È un circolo vizioso. Per questo motivo è fondamentale incentivare politiche di parità salariale. La legge esiste già: sulla carta non potrebbe esserci discriminazione, e a parità di competenze uomini e donne dovrebbero percepire lo stesso stipendio. Ma se una donna è costretta a lavorare meno ore, è inevitabile che si ritrovi in una posizione penalizzata.
Cosa chiede al governo?
Chiedo, ad esempio, di non interpretare la richiesta di un congedo parentale paritario obbligatorio come un attacco alla maternità o alla figura della madre. Purtroppo, spesso le nostre richieste vengono lette in chiave ideologica, ma non è così. La vera parità nei congedi aiuterebbe a costruire una società in cui uomini e donne abbiano pari diritti e doveri, senza privilegi e penalizzazioni. Altro concetto fondamentale, quello di genitorialità alla pari, che potrebbe rendere la società più equa e ricca. Laddove le donne lavorano, la società cresce economicamente e socialmente. E laddove i padri hanno la possibilità di prendersi cura dei figli, si costruisce una società più equilibrata. Aiutare le famiglie a trovare un equilibrio tra i ruoli significa crescere bambini più sereni. E oggi abbiamo bisogno di tanta felicità per le nostre ragazze e i nostri ragazzi.
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