Attualità

Pace e perdono: le parole del Papa che i Grandi non vogliono ascoltare

di Francesca Chaouqui -


Pace e perdono: le parole del Papa che i Grandi non vogliono ascoltare

Pax Pax et non erit pax! Non c’è pace per l’umanità, da un capo all’altro del pianeta missili e bombe piovono dai cieli e suoni di sirene sovrastano cinguettii e campane. Feriti, morti, dolore e lacrime: queste le immagini del mondo del XXI secolo. Non c’è appello che venga ascoltato, non c’è strategia politica che venga seriamente discussa, non c’è speranza di dialogo solo una voce nel deserto, quella di Papa Francesco che continua instancabilmente il suo procedere a ritmo serrato a favore della pace, dell’umanità, della fratellanza! Quanta violenza genera la guerra, israeliani o palestinesi, lo Stato e Hamas, ucraini o russi, oppressori e oppressi perché non trovano la forza di un progetto comune… chi ne riceve guadagni dal sangue versato? Quali benefici produce la guerra?

Papa Francesco conosce bene le risposte in cuor suo e dispiega tutte le forze in suo potere seminando segni di pace! La guerra nn è lontana da noi anche se non vediamo fumo e fuoco, anche se non udiamo le urla strazianti delle madri e di quanti soffrono senza colpa, la guerra è in atto ovunque manca la volontà del farsi prossimo, ovunque viene negata la libertà, ovunque primeggia l’ingratitudine. La debolezza dell’ONU è preoccupante in un mondo che ha perso le virtù umane serve una rivoluzione dei buoni sentimenti, quelli che non perde occasione di ricordare il Santo Padre agli uomini di buona volontà. “Permesso – Perdono – Gratitudine” sono le parole della gentilezza, della delicatezza, della convivenza pacifica, sono i sentimenti che generano carezze, abbracci, dialogo; sono il sogno ma anche l’utopia forse di questo tempo. Gerusalemme piange, il desiderio di averla tutta per se spinge gli uomini alla violenza più bruta, alla condivisione si contrappone l’egoismo che separa piuttosto che unire.

Nel Vangelo di Luca troviamo alcune risposte su cui forse dovremmo soffermarci per individuare nuovi percorsi e strategie ma soprattutto per imparare a desiderare la pace: Quando -Gesù- fu vicino, alla vista della città di Gerusalemme, pianse su di essa, dicendo: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”. (Lc 19, 41) Forse i capi dei governi dovrebbero meditare su quanto accaduto a Giona e la necessità urgente di orientare alla pace le proprie azioni, su quanto sia importante investire sulla cultura e sui servizi piuttosto che la difesa e le armi. La guerra in terra santa dura ormai da troppo tempo, culture e fedi diverse che alla condivisione preferiscono il conflitto per attestare un potere illusorio non riescono a fermare il dolore, sembra quasi non ne siano più capaci. Hamas ancora una volta provoca sofferenza senza raggiungere alcun risultato se non la morte di innocenti, ripristinare il passato è una sconfitta del presente e del futuro; il cambiamento per una soluzione a vantaggio comune è la strada da intraprendere così come in tutte le guerre bisogna scendere dai propri piedistalli per dialogare e costruire insieme! Papa Bergoglio nei suoi appelli alla Pace richiama al buon senso, al bene comune come principio di ogni azione a favore dell’umanità, dell’ambiente, della vita. Le parole oggi, sembra, abbiano perso il loro significato, l’abuso ne ha sminuito l’effetto edificante. Oggi restiamo in silenzio davanti a quanto sta accadendo nel mondo con la speranza che chi può faccia qualcosa.


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