Ambiente

PANE E FUTURO

di Angelo Vitale -


Alimento simbolo della Dieta mediterranea e della cultura alimentare del nostro Paese, il pane fresco – meglio se artigianale -, si conferma buono per la lista della spesa degli italiani e anche in linea con gli indirizzi per la sostenibilità che l’Italia si sta dando, in particolare negli stili di vita quotidiani.
Lo conferma la più recente ricerca Cerved promossa dall’Associazione italiana Bakery Ingredients e presentata all’ultimo Salone Internazionale della panificazione di Rimini. Secondo l’indagine, che ribadisce il trend in crescita rispetto ai numeri emersi nella scorsa primavera, in Italia il pane fresco artigianale è ancora il più consumato e copre l’84,9% del mercato, registrando una produzione che sfiora 1 milione e mezzo di tonnellate. In questo modo l’arte bianca rafforza il già stretto legame con il territorio e con la tradizione, quasi a marcare ogni comunità con una sorta di presidio di prossimità ispirato all’alimentazione sana. Un concetto che vince, dalla pandemia in poi, specie nelle periferie delle grandi città. E che manifesta resilienza, nonostante l’impennata dei prezzi delle farine e del prodotto finale, ormai da mesi nella tempesta di una situazione economica condizionata dal conflitto russo-ucraino.
Un valore per il quale è interessante conoscere il parere di chi lavora in un Gruppo internazionale per la panificazione che ha sede in Belgio e la filiale italiana a Parma, come Puratos. “Il pane si acquista quasi tutti i giorni – dice Valentina Bianchi – e si riallaccia sempre più a un’idea di benessere. Non a caso si prediligono prodotti con profili nutrizionali completi e si manifesta fortissima attenzione per gli sprechi. Piacciono i formati piccoli, ma anche la pagnotta, che può durare più giorni. Ma soprattutto si nota un crescente ritorno al naturale, che coniuga salute e sostenibilità. E le farine poco raffinate, i pani con i semi, la frutta secca e i grani antichi e i prodotti con meno sale sono in cima alle preferenze dei consumatori proprio in virtù di questa tendenza”.
Mentre sono sempre più numerosi i consumatori che approfondiscono la conoscenza del metodo agricolo rispettoso dell’ambiente. E, con l’avanzare della dieta plant based, cresce nelle imprese l’interesse per le materie prime da filiera corta. Stefano de Dionigi, vicepresidente di Aib, dice che “le nostre aziende che producono ingredienti per il pane e la pasticceria hanno iniziato il percorso verso la sostenibilità in modo convinto. A cominciare dalle parole: sostenibilità è un termine vago. Più giusto sarebbe parlare di durabilità, ovvero conservare nel tempo l’impresa, la comunità, il territorio, il pianeta. Ecco perché lavoriamo molto sulla selezione di materie prime a basso impatto ambientale, possibilmente locali”. La meta finale sarebbe quella dei contratti di filiera, che però in questi anni faticano ad affermarsi nell’assai frammentato segmento dell’agroalimentare dedicato a questo comparto.

Un orizzonte più definito è invece quello della lotta allo spreco, in un settore che fa valere sempre più l’offerta dei prodotti su prenotazione o la possibilità di prendere a metà prezzo i prodotti freschi a partire dalle ore 18. “La gestione delle eccedenze è l’aspetto più complesso da gestire – dice De Dionigi – ma è proprio così che si ottiene il no waste. Basti pensare che i last minute market, come Banco Alimentare, contano su 1 milione e mezzo di utilizzatori l’anno. Non buttare ma ridistribuire, creando altro valore e altro lavoro”.

Torna alle notizie in home