Politica

PRIMA PAGINA – Par condicio? No, super partes

di Giuseppe Ariola -

Studio Porta a Porta


E’ polemica per la proposta avanzata dalla deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi in commissione di Vigilanza Rai circa l’opportunità di regolamentare, in regime di par condicio, anche la presenza di opinionisti e giornalisti, oltre a quella dei politici, nei talk e nelle trasmissioni televisive in vista delle prossime elezioni europee. Una polemica che prima ancora che politica, è diventata giornalistica, almeno al momento. E già questo la dice lunga su quanto, a prescindere dal merito della proposta, la parlamentare renziana abbia toccato un tasto decisamente delicato che spazia dal dovere di cronaca al diritto di critica, andando in aperta polemica con Marco Travaglio, che si è sentito particolarmente toccato.

In sostanza, in occasione degli appuntamenti elettorali, radio e televisioni sono soggette a specifiche norme finalizzate a garantire il medesimo trattamento a ogni partito o movimento politico, sia per evitare di favorirne o danneggiarne qualcuno in particolare, che per assicurare, in un momento fondamentale per ogni sistema democratico, il più alto livello possibile di pluralismo. Al netto di chi se la canta e se la suona da solo, l’informazione è infatti un servizio destinato ai cittadini che sono anche elettori. E proprio in quanto tali, è il principio della par condicio, i cittadini devono essere adeguatamente aggiornati sui programmi e gli obiettivi dei singoli partiti, ma non orientati dai mezzi di informazione nella loro libera scelta di voto. Tanto che le norme in questione non riguardano esclusivamente i candidati dei vari partiti, ma sono rivolte a “tutti i soggetti politici”, con la finalità di assicurare “parità di condizioni nell’esposizione di opinioni e posizioni politiche nelle tribune politiche, nei dibattiti, nelle tavole rotonde, nelle presentazioni in contraddittorio di programmi politici, nei confronti, nelle interviste e in ogni altra trasmissione nella quale assuma carattere rilevante l’esposizione di opinioni e valutazioni politiche”. L’applicazione di questa previsione di legge è demandata, di volta in volta, alla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi e all’Autorità per la garanzia nelle comunicazioni, cui tocca stabilire le regole dei confronti radiotelevisivi.

Ed è proprio questa la sede in cui è stata formalizzata la proposta di Maria Elena Boschi, che partendo dal presupposto ci siano “opinionisti che hanno una forte condivisione con le forze politiche” ha paventato il rischio che questi soggetti “non politici”, partecipando a un talk o una trasmissione, nell’esprimere liberamente e senza contraddittorio le proprie idee in un periodo di par condicio, possano influenzare l’opinione pubblica. Una obiezione che certamente merita una riflessione e che, se forse può suonare come giusta, tocca ma non centra il punto.

E’ evidente che principi come la liberta di stampa o di opinione sono intangibili e inattaccabili, fanno parte di quei valori sui quali si regge l’ossatura della società, anche nelle sue articolazioni istituzionali, ma pure dalle libertà discendono delle responsabilità. La responsabilità, per esempio, che dovrebbe indurre gli opinionisti a fare il loro mestiere, certamente rompendo le scatole alla politica, ai governi e a chicchessia, ma senza diventare tifosi o, peggio ancora, esponenti politici a loro volta. Tanto più se si fa un lavoro che, volente o nolente, impone di formulare giudizi su quello che esercitano invece gli altri, bisogna essere obiettivi e imparziali, osservatori e commentatori equilibrati, all’occorrenza duri e tranchant ma mai faziosi. Per portare avanti istanze e idee di parte ci sono i partiti. Informare è un’altra cosa e non ha nulla a che vedere con la fisiologica dialettica dell’agone politico, dove, diciamolo chiaramente, è consentito anche spararla grossa e non certo in ragione di una supposta superiorità, ma perché c’è un momento, quello elettorale per l’appunto, in cui i cittadini giudicano sulla base dei fatti e non certo dei cori da stadio.


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