“Non credo che il prossimo Summit Nato porterà grandi novità, mancando una guida chiara da parte statunitense ed apparendo velleitarie le avances francesi, britanniche e tedesche, espressioni di realtà che sono gusci vuoti senza il contributo militare di Washington”: il generale Marco Bertolini a L’identità.
Thomas Massie, deputato repubblicano Usa ha detto: “Ora stop agli aiuti militari americani a Israele”. Cosa pensa?
È il segno che le stragi e le distruzioni a Gaza come reazione all’attacco del 7 ottobre e le violenze nei confronti dei palestinesi anche in Cisgiordania hanno raggiunto un livello tale da far prendere le distanze anche a molti dei più filo sionisti.
Netanyahu contro tutti?
Ci sono posizioni critiche verso Netanyahu, come se il disastro di Gaza fosse dovuto alle scelte scellerate del politico di turno e non trovasse innesco in un sentimento diffuso tra la popolazione israeliana, come registrato da molti sondaggi di opinione. Ma è evidente la rottura con la quale le nostre élites politiche esprimevano il loro tradizionale doppio standard, non prendendo posizione nei confronti di Israele, pur essendo tutt’altro che restie a esprimere indignata intransigenza nei confronti della Russia in Ucraina. La guerra in Europa è “simmetrica”, tra eserciti moderni. A Gaza “asimmetrica”: forze armate di taglio occidentale, con armamenti efficientissimi e devastanti combattono miliziani dotati di armamento leggero. In questo contesto, anche a causa dell’elevata urbanizzazione, le vittime civili non rappresentano più un “incidente” ma una costante, utile a fare pressione con la prospettiva di un annichilimento totale della popolazione locale costretta a scegliere tra la morte e l’esilio perpetuo.
1982, Beirut fu colpita per 14 ore da raid israeliani. Reagan furioso chiamò Begin: “È un olocausto”. Cessò il fuoco.
Reagan osò pronunciare l’impronunciabile. In ogni caso, se anche riuscì a far interrompere gli interventi su Beirut non modificò più di tanto la situazione dei “due popoli” e l’atteggiamento di Israele. Gli attacchi sono proseguiti in Libano negli anni seguenti, contro Hezbollah e continuati in Siria durante la guerra che dal 2014 ha visto contrapposto il governo del presidente Assad ad Al Qaida e all’Isis. Si sono alternati alla Casa Bianca democratici e repubblicani. Ciò non ha impedito in Siria un nuovo “Presidente”, che era un capo terrorista di Hayat Tahrir al Sham, la derivata siriana di Al Qaida. Ha messo giacca e cravatta, spuntato la barba diventando presidente democratico della nuova Siria “libera, per stringere patti di cooperazione in un’area di interesse strategico mondiale. E non è migliorata laesituazione dei Palestinesi, tra quelli confinati a Gaza e in Cisgiordania. Senza dimenticare la diaspora nei campi profughi in Libano.
Perché Trump non ferma Netanyahu?
Quand’anche Trump non si ponga il problema di “fermare” Netanyahu per ragioni umanitarie, penso sia comunque intralciato nei suoi programmi di politica internazionale da una ostinazione di quest’ultimo che è imbarazzante per chi vorrebbe proporsi come il “pacificatore” mondiale. Anche perché la liberazione degli ostaggi israeliani disseminati in tutto il territorio non è raggiungibile spianando palazzi e ospedali, con uccisioni indiscriminate, gettando nel terrore la popolazione locale, o con una carestia indotta che li faccia arrendere letteralmente per fame, che servono solo a perpetrare, ingigantire odio destinato nelle generazioni future, come quello negli anni ’30 tra Ucraini e comunisti russi con l’Holomodor.
Summit Nato a breve.
La Nato è in crisi esistenziale. L’aveva sfiorata quando con la caduta del Muro di Berlino nel 1989 e l’implosione del Patto di Varsavia e dell’URSS, venne a mancare, almeno ufficialmente, il nemico che ne giustificava l’esistenza. Da allora, ha implicitamente modificato la sua natura da alleanza difensiva ad alleanza di Paesi “virtuosi” impegnati ad esportare il bene più importante dell’Occidente, la democrazia, al resto del mondo.
Umanitarismo?
Filantropia in nome della “globalizzazione”. Come a non voler riconoscere che le coscienze si dividono su basi etniche, religiose, linguistiche, storiche, e non semplicemente politiche come da noi. L’Occidente questa realtà non vuole accettarla. Così, per un pregiudizio che è più razzista del razzismo imputato agli altri, ha creato due o tre Libie al posto della prima originale. Ha perso vent’anni con innumerevoli vittime e caduti in Afghanistan. Ha diviso i Balcani in staterelli in perenne conflitto tra di loro e ha lasciato distruggere un paese moderno ed estremamente ben disposto nei confronti dei Cristiani come la Siria.
In sostanza.
Inanità e inutilità di questa missione messianica. Mentre gli Usa dimostrano un crescente raffreddamento nei confronti dell’Alleanza, molti paesi trovano maggiori difficoltà a convincere i propri elettorati della bontà delle scelte fatte, fino al punto di non esitare a tacitarli con le buone o con le cattive: Francia, Romania, Repubblica Ceca, Ungheria ce lo ricordano nelle cronache politiche quotidiane. Il prossimo Summit Nato non porterà novità, mancando una guida chiara da parte Usa e apparendo velleitarie le avances francesi, britanniche e tedesche, espressioni di realtà che sono gusci vuoti senza il contributo militare di Washington.
Putin-Xi sono per l’Onu, Brics e l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, cosiddetta “Nato asiatica”. Nuovo ordine mondiale?
Sì. Certamente, si sta rafforzando una saldatura di interessi tra Russia e Cina, grazie all’ostracizzazione della prima da parte occidentale, col bel risultato di avere ottenuto una crisi nei rifornimenti energetici del continente che pagheremo cara.
Ci sarà la “Nato asiatica”?
No, ma i rapporti nella parte orientale del continente euroasiatico sono destinati a potenziarsi, in attesa che anche la parte occidentale possa seguire. I tempi per una completa riappacificazione Russia-Europa richiederà tempi lunghi e un completo ricambio delle classi dirigenti del vecchio continente, responsabili di avere avvelenato i pozzi con una retorica bellicista difficile da dimenticare. O con un completo ricambio della classe dirigente russa, non ipotizzabile a meno di una devastante sconfitta sul campo ucraino, per ora tutt’altro che prevedibile.
Trump-Putin: Europa tra realismo e sfiducia. Quale strategia?
La guerra in Ucraina sta premiando la Russia, a prescindere da quello che è l’approccio Usa. Trump sembra condividere con Putin una visione multipolare dell’equilibrio mondiale, che rende controproducente il messianismo evidenziato dai dem Usa, per i quali non ha dignità di interlocutore chi non condivide i nostri “valori”, ridotti alla sola etichetta di democrazia di tipo occidentale. Ci siamo tagliati i ponti dietro le spalle rinunciando al realismo delle classi politiche della vituperata ma rimpianta prima repubblica e ingaggiando la Russia in un muro contro muro che, contraddicendo la nostra autoreferenziale tolleranza, ha mandato all’aria manifestazioni culturali, artistiche e sportive che coinvolgevano “i Russi” in quanto tali. Ora Trump ha preso atto della realtà. Zelensky non sa rassegnarsi a questo cambio di paradigma, spalleggiato da alcuni leader europei che vedono a rischio le ragioni alla base della loro stessa permanenza al potere. Insomma, finché c’è guerra c’è speranza, pare. Almeno per loro.
Nato o Brics?
Né Nato, né Brics, né Onu sono la soluzione al dramma epocale che stiamo affrontando soprattutto in Europa: non è cedendo sovranità a un organismo sovrastante (l’EU) che ci indichi dal suo alto scranno quali sono gli interessi e i valori che dovremmo difendere con la nostra vita che vedremo la fine delle contese. Al contrario, un rafforzamento delle sovranità nazionali, credo sia essenziale per tutelare le peculiarità e la dignità di tutti per impedire che una alleanza transatlantica, europea o finanche eurasiatica impegni i nostri figli per cause a noi estranee. E’ già successo.
Morto il generale Zanelli, fu vertice Nato in Afghanistan – L’Identità