Politica

Pd: prove di intesa al confronto, ma il Pd si ribella

di Eleonora Ciaffoloni -


Mancano quattro giorni al voto che decreterà il nuovo segretario del Partito Democratico. E se il faccia a faccia televisivo tra i due protagonisti non ha sortito l’effetto scintilla tra gli elettori e gli spettatori, per Stefano Bonaccini ed Elly Schlein rimangono a disposizione poche ore per convincere gli ultimi militanti a votare per il nuovo segretario, o almeno per recarsi alle urne. Entrambi difatti, si appellano ai delusi per farli tornare al voto, probabilmente per il timore che ai gazebi di domenica si presenti un numero tale da confermare quella che in molti definiscono la crisi dei dem: le previsioni, nel frattempo dicono che è atteso almeno mezzo milione di votanti.

Tuttavia, la verità è che entrambi si augurano un milione di votanti. Tra i due candidati le differenze di programma non si discostano di troppo, piuttosto a contraddistinguersi sono lo stile più “amministrativo” di Bonaccini e quello più “radical” di Schlein. Il primo, forte della vittoria nei circoli (con il 52,87% delle preferenze) sembra indirizzato alla vittoria: anche i sondaggi in vista del voto libero del 26 febbraio (quando potranno votare anche i non tesserati) lo danno in vantaggio con una forbice che va dal 63% al 67%.

 

Un distacco che non sembrerebbe dargli particolari preoccupazioni sul risultato. Eppure, una possibile sconfitta di Elly Schlein non significherebbe per forza un suo “allontanamento” dalla squadra del segretario. I due, difatti, hanno già lavorato insieme con Bonaccini governatore dell’Emilia-Romagna e Schlein la sua vice. Per questo non sono passate inosservate la parole che i due si sono scambiati durante il dibattito tv. Nel momento in cui tra i due sfidanti si presenta l’occasione di scambiarsi delle domande, Bonaccini chiede a Schlein se, alla fine dei giochi, se perderà gli darà una mano. La risposta della candidata è diretta sorridente: “Assolutamente sì, Stefano. Senza ombra di dubbio. Abbiamo lavorato fianco a fianco in Emilia-Romagna durante il Covid, pur non concordando su molte idee, e continueremo a farlo ancora nel partito”. E non solo: entrambi hanno ribadito con il proprio linguaggio e le proprie idee, che bisogna chiudere con gli anni delle grandi sconfitte e delle risse interne. Il dato politico è evidente: nelle promesse di entrambi e anche nell’apertura di Schlein per un lavoro di comune accordo dal giorno dopo le primarie.

In molti, del resto, parlano già di un possibile accordo tra i due subito dopo il voto di domenica, con le urne che non darebbero risultati di un vero e proprio sconfitto tra le due parti in corsa, a prescindere dai numeri.
In ogni caso, potrebbe delinearsi l’idea di una sorta di patto di non aggressione tra i candidati. Bonaccini, a detta dei molti sondaggi degli ultimi giorni, diventerà segretario, ma ciò non significa che Schlein è fuori dai giochi del partito. Anzi. Dopo questa campagna per la segreteria – con tutta la visibilità e la caratterizzazione identitaria che ne è conseguita – Elly Schlein potrebbe coadiuvare l’ormai ex sfidante Bonaccini rivestendo un ruolo di primo piano tra i dem anche per, forse, ridisegnare in qualche modo il gruppo dirigente su cui entrambi hanno dichiarato di voler intervenire. L’unico problema, quindi, rimangono i voti. Sì, perché tornata dopo tornata da 6 anni a questa parte, alle primarie, l’affluenza dei militanti del Partito Democratico si è abbassata costantemente.
Sono sempre meno i cittadini pronti a mettersi in fila per dare fiducia a un gruppo dirigente che non registra una vittoria politica da anni. Non fa sperare bene neanche l’elevato astensionismo a cui abbiamo assistito alle elezioni regionali e la conseguente sconfitta della compagine di sinistra sia nel Lazio che in Lombardia.
Con questi ritmi e con la poca rilevanza che ormai hanno le primarie del partito, il milione di votanti che si auspicano i dem sembrano un’utopia e, allo stesso tempo, non arrivare al numero sperato rappresenterebbe in primis un fallimento, ma anche un percorso in salita per qualunque sarà il vincitore domenica.

E così, il compito del nuovo segretario dovrebbe, tra gli altri, anche e soprattutto questo: far tornare la fiducia nei militanti (e negli ex) e recuperare le decine di migliaia di elettori che dal Pd si sono allontanati, delusi, anno dopo anno.

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