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“Pechino seguirà sempre la via della pace Meloni? È la leader di Fratelli d’America”

di Edoardo Sirignano -

VITO PETROCELLI


“Non è forse il caso che Meloni cambi il nome del suo partito in Fratelli d’America”. È l’interrogativo che si pone Vito Petrocelli, ex presidente della commissione Esteri e tra i massimi esperti di Cina.
Conflitto in Ucraina, che partita giocherà Pechino?
Nelle prossime settimane, seguirà la linea che ha tenuto negli ultimi anni, ossia parlare con la voce della ragionevolezza e della ricerca della pace. Porterà semplicemente avanti quei progetti su cui si batte da un decennio: la nuova via della seta, l’adesione a organizzazioni come quella per la Cooperazione di Shanghai e il ruolo all’interno dei paesi Brics, che portano avanti politiche determinate dalla Cina stessa e dalla Russia. Nulla di nuovo, quindi, nelle proposte, ma un ruolo più centrale nell’attivismo diplomatico.
Perché questa centralità?
È una conseguenza a una serie di minacce, che nelle ultime settimane, sono arrivate, con parole sempre più grosse, da parte americana e dei paesi occidentali.
Condivide la linea intrapresa dalla Nato?
Una linea basata sul sostegno di interessi contrapposti a quelli di altre nazioni, a mio parere, è sbagliata a prescindere da chi la porti avanti. La Nato, gli Usa e anche l’Italia si stanno mettendo sempre di più in una sorta di buco nero dove i valori buoni sono solo quelli dell’Occidente, mentre tutti gli altri sono cattivi. Questa è una contrapposizione, nel ventunesimo secolo, impensabile. Non ha ragione di esistere. Viene, purtroppo, portata avanti dai membri anglosassoni della coalizione, che intendono così affrontare le contraddizioni della politica internazionale.
Come giudica la linea della Meloni nell’ultima conferenza a Kiev. Ritiene la sua posizione troppo appiattita a quella della Casa Bianca?
In certi momenti, la premier è sembrata più americana di Biden stesso. Non soltanto in quest’occasione. Quando mai si è visto che durante una conferenza stampa, un presidente, in questo caso Zelensky, offenda pesantemente il leader di una forza della coalizione di governo e il presidente del Consiglio non dice una parola. È un atteggiamento di subalternità. Meloni, spesso, si dimostra il contrario di quanto dovrebbe tutelare, ovvero qeull’interesse nazionale che Fdi dice di difendere. Si rivela, al contrario, più oltranzista dell’Est Europa, in prima linea nella russofobia. Ciò mi preoccupa. L’Italia ha una tradizione di dialogo diversa da Lituania, Lettonia e Polonia. Non le nascondo che in questo momento forse la punta avanzata della ragionevolezza nell’Ue sia proprio l’Ungheria di Orban. Perché Palazzo Chigi non prende esempio dal suo equilibrio in una situazione difficile come quella attuale?
Ha citato Berlusconi. Cosa ne pensa delle ultime dichiarazioni in materia di guerra?
Nelle ultime due settimane, due figure della politica che non stimo, Berlusconi e il governatore della Campania De Luca, si sono permessi di dire cose che rappresentano la realtà. Se siamo arrivati al punto che due vecchie volpi sono quasi gli unici a raccontare un’altra verità, che non è quella della Nato, vuol dire che siamo davvero messi male.
Non si rischia di ignorare possibili cambiamenti planetari, come, ad esempio, Pechino che si candida a diventare la prima superpotenza?
Perdere il rapporto, che con pazienza ed equilibrio, l’Italia ha costruito dal 1953 con la Cina, sarebbe un errore.
Si può ancora voltare pagina?
In teoria, si può sempre farlo. Il tempo, però, è poco. Non mi sembra ci sia una differenza sostanziale tra Meloni e Draghi. In alcuni atteggiamenti, la premier è ancora più succube a quello che arriva da Washington. Draghi aveva una caratura, che quantomeno gli impediva di esagerare nell’inchinarsi. La leader di Fdi, la vicenda Berlusconi lo dimostra, si sta comportando peggio.
Petrocelli ha lasciato il suo incarico perché l’hanno accusato di essere contrario all’invio di armi e quindi filosovietico. Si sente ancora isolato nelle sue posizioni?
Il 1 marzo 2022, per la prima volta, ho votato contro l’invio degli armamenti. In quel momento, sono stato bollato come filorusso. Ritengo, però, che già allora una grossa parte della popolazione fosse sulle mie stesse posizioni. Quella percentuale, mai valutata in maniera accurata, perché i sondaggisti rispondono ad altri poteri, oè aumentata. Non mi sono sentito mai solo, né allora, né adesso.
Ha sempre criticato, negli ultimi tempi, il M5S. Detto ciò, stiamo parlando del partito che più si è impegnato nell’erigere ponti con l’Asia…
È stato un atto di grande coraggio e autonomia di un governo, che pur avendo tante difficoltà a causa dei ricatti della Lega, è riuscito a svoltare in materia di Esteri. Il problema, però, che a causa delle giravolte di Conte, a tutto ciò non è stato dato un seguito. Gli accordi economici, commerciali, non sono mai decollati perché il capo politico del M5S, dopo una serie di telefonate e richiami da oltreoceano, ha rallentato. Si è arrivati, poi, alla guerra in Ucraina, dove i pentastellati hanno assunto la posizione più comoda possibile, stare all’opposizione, rinnegando il passato. Con questi signori non voglio avere niente a che vedere. È stata una liberazione, con la “Z” maiuscola, quando hanno deciso di espellermi.

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