Ambiente

Perdiamo terreno

di Redazione -


In occasione del World Soil Day, la Giornata mondiale del Suolo istituita dalla FAO per focalizzare l’attenzione sull’importanza di un suolo sano e per sostenere la gestione sostenibile delle sue risorse, si rincorrono analisi e denunce, mentre la cronaca da Ischia ci rimanda l’istantanea di un pezzo del Paese in affanno tra l’emergenza quotidiana delle ricorrenti allerte meteo, la ricerca del corpo dell’ultima dispersa e i funerali non ancora svolti delle vittime della frana di 11 giorni fa.
La perdita di fertilità del suolo, rammenta l’Ispra, è uno dei principali processi di degradazione che minaccia la nutrizione ed è problema globale riconosciuto per la sicurezza alimentare e la sostenibilità in tutto il mondo. La stessa campagna del World Soil Day, – Il suolo: dove comincia l’alimentazione – punta a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di mantenere sani gli ecosistemi e il benessere umano, affrontando le crescenti sfide della gestione del suolo, aumentando la consapevolezza del suolo e incoraggiando le società a migliorarne la salute .
In Italia – è ormai noto a tutti – oltre 9 comuni su 10 (il 93,9% del totale) e le loro comunità vivono su aree a rischio idrogeologico per frane ed alluvioni anche per effetto del cambiamento climatico in atto, con una tendenza sempre più ricorrente a manifestazioni violente, sfasamenti stagionali, il rapido passaggio dal sole al maltempo e precipitazioni brevi ed intense.
Lo ricorda Coldiretti, denunciando gli effetti della micidiale miscela del climate change con la perdita di terra fertile capace di assorbire l`acqua.
I numeri: negli ultimi 50 anni è scomparso quasi 1 terreno agricolo su 3 (-30%) con la superficie agricola utilizzabile in Italia che si è ridotta ad appena 12,8 milioni di ettari a causa dell’abbandono e della cementificazione che rende le superfici impermeabili. Dati che avrebbero da tempo dovuto fermare tutto, per affrontare la cosa con una manovra complessiva per invertire la rotta. Invece, negli ultimi dieci anni i campi del nostro Paese hanno perso 400 milioni di chili di prodotti agricoli per l’alimentazione dell’uomo e degli animali. Aumentando il deficit produttivo del Paese e la dipendenza sempre più frequente dall’import estero.
Una terra fertile scomparsa dal 2012 sotto l’asfalto e il cemento e che non ha potuto garantire l’assorbimento di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana che ora scorrono in superficie aumentando il rischio idrogeologico, incentivato poi dai cambiamenti climatici: più di tremila eventi estremi nel 2022, tra bombe d’acqua, violenti temperali e grandinate (dati Eswd).
Per Ettore Prandini, vertice di Coldiretti, impellente “la legge sul consumo di suolo attesa da quasi un decennio”, anche se apprezzabile “il Fondo per il contrasto al consumo di suolo finanziato con 10 milioni nel 2023, 20 milioni nel 2024, 30 milioni di euro nel 2025 e 50 milioni di euro all’anno nel biennio 2026-2027”. Mentre Legambiente ricordando che l’immobilismo sulla legge ha impedito “in 6 anni di arrivare a quota zero, a non cementificare un metro quadro in più entro il 2050” parla di una carenza normativa “che fa il paio con la mancanza di un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici in stallo dal 2018, che auspichiamo possa essere approvato entro fine anno”.
Una lotta contro il tempo. Mesi fa il SNPA ribadiva che gli italiani vivono su territori a rischio idraulico, in media dalle 191 persone di Potenza alle quasi 183 mila di Firenze.


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