Cronaca

Pfas, i giudici in Assise: “Quella bomba ambientale che ha ucciso gli operai”

di Ivano Tolettini -


I risultati sono raccapriccianti. I Pfas, le molecole organiche realizzate con il fluoro per la prima volta in America nel 1938, uccidono chi li assume in concentrazioni importanti e sono una inesauribile matrice di ansia per chi li ha in corpo. Tanto che una mortalità elevata in assoluto è stata riscontrata tra gli operai che lavoravano alla Miteni, l’azienda di Trissino nel Vicentino che produceva Pfas per uso industriale e che per oltre quarant’anni ha innescato una silenziosa e micidiale bomba ambientale i cui segni indelebili sono presenti in una superficie di quasi 200 chilometri quadrati tra le province di Vicenza, Verona e Padova, coinvolgendo almeno 350 mila persone. Da Lonigo a Montagnana si registra la contaminazione più marcata. I risultati dello studio eseguito dal medico del lavoro Enzo Merler su 462 operai, che tra il 1970 e il 2018 hanno lavorato nell’azienda chimica fondata dalla Marzotto nel 1963, sono incontrovertibili. Sono stati spiegati dal professionista nel corso del processo in Corte d’Assise, a Vicenza, a carico dei dirigenti di Miteni, Icig e Mitsubishi Corporation, imputati a vario titolo di avvelenamento delle acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari. Si tratta dei giapponesi Kenji Ito, Naoyuki Kimura, Yuji Suetsune, Maki Hosoda; dei tedeschi Patrick Fritz Hendrik Schnitzer, Akim Georg Hannes Riemann, Aleksander Nicolaas Smit, e di Brian Antony Mc Glynn, Luigi Guarracino (Alessandria), Mario Fabris (Padova), Davide Drusian (Treviso), Mauro Colognato (Dolo) e Mario Mistrorigo (Arzignano). Oltre duecento le parti civili costituite, tra questi gli ex operai Miteni con l’avvocato Edoardo Bortolotto, e le quattro società idriche Acque del Chiampo, Viacqua, Acquevenete e Acque Veronesi, patrocinate dagli avvocati Marco Tonellotto, Angelo Merlin, Vittore d’Acquarone e Giulia Bertaiola. Per anni la pericolosità di queste molecole è stata taciuta, nonostante le multinazionali chimiche lo sapessero. E anche a Trissino è accaduta la stessa cosa, come sta emergendo dal dibattimento.
CIRROSI E SUICIDI
“Ho rilevato una mortalità elevata in assoluto, così come un importante numero di suicidi tra gli operai”, sottolinea il prof. Merler, cui venne commissionato lo studio dalla Regione Veneto. Il medico nel corso di un’udienza storica per la giustizia italiana ha illustrato come l’esposizione dei lavoratori alle sostanze polifluoroalchiliche ha provocato l’aumento della mortalità per cirrosi epatica, cancro al fegato, diabete, tumori maligni del tessuto linfatico. Da pochi anni l’Inps ha riconosciuto casi di malattia professionale, anche perché Merler ha riscontrato nel sangue degli operai fino a oltre 90 mila nanogrammi di Pfas in un millilitro, quando la soglia massima tollerabile sarebbe di 9 nanogrammi. Ma sono decine di migliaia le persone, soprattutto i più piccoli, che hanno assunto i Pfas con il latte materno e bevendo acqua contaminata, e dovranno convivere con questo veleno. Oltre a Merler come testimone è stato ascoltato il bio-statistico Paolo Girardi, che ha contribuito allo studio che ha messo in rilievo la correlazione tra Pfas e i rischi per patologie cardiovascolari. Oltre all’aumento considerevole di colesterolo totale, colesterolo Ldl e ipertensione.
PER SEMPRE
Il luminare danese Philippe Grandjean, professore di Salute Ambientale ad Harvard e Cambridge afferma che i Pfas sono più di 4.700 e i più conosciuti sono i Pfoa e Pfos. Le molecole sono molto resistenti, tanto da essere state impiegate dagli americani per la prima volta anche nella costruzione della bomba atomica, prima del massiccio utilizzo nell’industria. I Pfas sono idrorepellenti e sono stati usati nel tessile per realizzare tessuti antimacchia. Ma anche giacche tecniche, padelle, carta e vernici sono fabbricate con queste molecole. “Per le loro caratteristiche – dice il prof. Grandjean – sono molto resistenti, non si possono distruggere e per questo le chiamiamo sostanze chimiche per sempre”.
MAMME E PRoF. FORESTA
Un ruolo decisivo da dieci anni a questa parte nella battaglia per sensibilizzare l’opinione pubblica contro i Pfas che hanno inquinato il bacino dell’Agno, Fratta e Gorzone lo hanno le “Mamme No Pfas”. “Figli e nipoti nascono con queste sostanze subdole e pericoloso nei loro corpi trasmessi dal latte materno – incalza Michela Piccoli di Lonigo -, capaci di interferire con il metabolismo e le ghiandole, per questo parliamo di una bomba innescata nell’organismo che può esplodere in qualsiasi momento dell’esistenza”. Tra coloro che si sono occupati del vasto inquinamento che interessa una parte considerevole di Veneto è il cattedratico padovano Carlo Foresta che ha dimostrato la interferenza tra Pfas e fertilità. Negli studenti provenienti dai 31 Comuni della zona rossa ha riscontrato una diminuita concentrazione degli spermatozoi, testicoli più piccoli e ridotta distanza ano-genitale. Così i Pfas bloccano il recettore del testosterone e riducono la capacità procreativa del maschio del 50%. Mentre nelle donne i Pfas alterano il recettore per il progesterone e le donne che allattano trasmettono il veleno. Tanto che i figli sovente hanno un tasso di sostanze velenose superiore a quello degli adulti. Il problema di fondo è che per troppi anni non c’è stato il controllo da parte delle autorità pubbliche, Spisal su tutte, fino a quando i carabinieri del Noe di Treviso hanno scoperchiato il vaso di Pandora.

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