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Pfas, i tedeschi di Ici devono bonificare l’area della Miteni

di Ivano Tolettini -


Il Tar del Veneto respinge il ricorso della multinazionale International Chimical Investors, proprietaria della Italia 3 Holding s.r.l, ritenuta dalla provincia di Vicenza una delle corresponsabili del disastro ambientale provocato dal sito produttivo ex Miteni di Trissino, dove si producevano gli inquinanti perenni, i Pfas. Mentre la società tedesca, che rilevò l’impianto di produzione dei Pfas per 1 euro nel 2009 dalla Mitsubishi, in atti afferma di non essere mai stata consapevole dello stato di contaminazione fino al 2017 quando i carabinieri del Noe di Treviso eseguirono la relazione tecnica, i giudici replicano che la difesa di Ici3 è “priva di riscontri alla luce della documentazione versata in atti, dato che esistono gravi, precisi e concordanti indizi in senso contrario”. Di conseguenza la multinazionale deve contribuire a bonificare l’area industriale dalla quale continua a sgorgare dal sottosuolo il cosiddetto plume, cioè la “parte di un acquifero sotterraneo che, in una situazione di contaminazione da sostanze pericolose, trasporta le sostanze velenose”. E questo perché nonostante l’impianto sia stato smantellato a fine 2023, dopo che la società Miteni era fallita nel 2018, gli effetti inquinanti sono ancora perduranti e gravissimi. Da ben undici anni è esploso il caso del più importante avvelenamento ambientale in Europa alimentato dai Pfas, che coinvolge 350 mila persone nelle province di Vicenza, Verona e Padova per il quale 15 manager delle società Mitsubishi Corporation, Icg3 e Miteni, sono a processo davanti alla Corte d’Assise di Vicenza. Il processo è iniziato nel 2021 e forse verrà discusso quest’anno.
Nei giorni scorsi si è scritto che uno studio dell’Università di Padova, pubblicato dalla rivista scientifica “Enviromental Health”, certifica che dal 1985 al 2018 ci sono stati 4 mila morti in più nella zona rossa costituita da 30 Comuni, a causa dello sversamento dei veleni perfluoroalchilici (Pfas) e polifluoroalchilici (Pfas) che hanno inquinato la falda e i pozzi delle reti che alimentano gli acquedotti. E gran parte dei decessi in più rispetto alle medie sono tendenzialmente giovani. L’altro giorno nella sede di Vicenza dell’Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione dell’ambiente, si è tenuta la conferenza dei servizi nel corso della quel è stato ribadito che bisogna intervenire con urgenza per la bonifica con il posizionamento di 637 palancole a ridosso di un corso d’acqua e altri 8 piezometri nella zona sud-ovest. Al tavolo tecnico hanno partecipato rappresentanti del Comune di Trissino, della Provincia e Regione, oltre ai tecnici della multinazionale Ici3, di Eni Rewind e delle altre società incaricate dei lavori. Tra l’altro la bonifica sta segnando il passo perché, come aveva osservato il geologo Gian Paolo Droli davanti alla Corte d’Assise di Vicenza in febbraio, il modello idrogeologico in base al quale si operae che era stato predisposto nel 2018 è insufficiente. Bisogna considerare che l’area dello stabilimento ex Miteni è di quasi 7 ettari e la falda è ricompresa tra due terreni diversi. Finora erano stati installati 115 piezometri.
Alla domanda su come bloccare e captare il plume, l’autentico spauracchio che quando la falda si alza, come sta avvenendo in questi mesi a causa delle abbondanti piogge nel Vicentino, avvia il suo effetto mefitico che si sta espandendo ancora oggi nella Bassa Padovana, il geologo Droli spiegò pubblicamente che “le operazioni sono tante” dopo che è stato sbagliato il modello idrogeologico nel 2018. Tanto che ancora adesso le analisi periodiche danno la presenza di Pfoa, Pfos, nuove sostanze C6O4 e Genx nella zona. Ici3 ed Eni Rewind pur dichiarandosi soggetti non responsabili stanno collaborando attivamente con le autorità per la bonifica che sta costando molti milioni. E che in prospettiva potrebbe finire interamente a carico delle società che si sono succedute nel tempo nella gestione di Mitenti in base al principio che “chi inquina paga”. Adesso il Tar dovrà pronunciarsi anche sui ricorsi presentati da Mitsubishi, Eni e Marzotto. Quest’ultima aveva avviato il sito produttivo in via Colombara negli anni Sessanta e lo aveva gestito come Ri.Mar (Ricerche Marzotto spa) fino alla cessione a Enichem nel 1988, divisione petrolchimica di Eni, quindi nel 1996 furono i giapponesi di Mitsubishi ad acquistarla per poi rivenderla tredici anni più tardi per la cifra simbolica di 1 euro a Ici3.


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