Attualità

Pfas nelle uova: il Nord Est fa sempre i conti con i veleni invisibili

di Ivano Tolettini -

SPILLETTE MOVIMENTI DI PROTESTA NO PFAS NON UNA DI MENO RISE UP


L’INGRANDIMENTO – Pfas nelle uova: il Nord Est fa sempre i conti con i veleni invisibili

Le novità negative sono sempre all’ordine del giorno in Veneto quando si parla di veleni, soprattutto di Pfas, con cui tre province fanno i terribili conti di salute da dieci anni. Mentre a Vicenza è proseguito anche l’altro giorno il processo a carico dei 15 manager Miteni, Icig e Mitsubishi accusati a vario titolo di disastro e inquinamento ambientale, avvelenamento di acque, disastro innominato e reati fallimentari per il dissesto della società di Trissino che per decenni ha ammorbato la falda fino al Padovano, Veronese e Veneziano rimbalza la notizia che in quattro serragli familiari di galline nelle uova sono state riscontrate presenza di Pfas e diossina. Il monitoraggio svolto dal coordinamento No Inceneritore Fusina con il sostegno scientifico di Medici per l’ambiente ha riscontrato nelle uova di gallina una quantità di diossina e Pfas da due a cinque volte superiore ai limiti di legge. L’accertamento è stato eseguito questa estate su quattro campioni di uova di galline allevate all’aperto in pollai familiari, senza dunque l’utilizzo di antibiotici o altri prodotti chimici. Le uova sono state analizzate dal laboratorio “Accredia” specializzato in analisi alimentari. I due campioni della zona di Villabona e dell’area agricola situata a sud della frazione Malcontenta di Mira (la zona nord fa invece parte della città metropolitana di Venezia), hanno messo in luce valori molto alti di Pcdd/F e Pcb (diossine, furani e policlorobifenili): da 2 a più di 5 cinque volte il limite di legge. Secondo i medici anche un adulto mangiando una sola di queste uova supera la dose settimanale tollerabile, mentre per i minori più piccoli si arriva fino a 6-7 volte. C’è da aggiungere che i residui negli altri campioni, provenienti da pollai in centro a Marghera e a sud di Oriago, rientrano nei limiti del regolamento europeo 2023/915, ma di gran lunga al di sopra delle soglie cautelative fissate nella raccomandazione europea 2013/711, tanto che con due sole di queste uova i bimbi con meno di 10 anni superano la dose settimanale tollerabile.

AZIENDE ZOOTECNICHE
L’avvelenamento da Pfas riguarda 200 km quadrati di territorio e sono coinvolte 350.000 persone tra le province di Vicenza, Verona, Padova e Rovigo per quello che è considerato il più grave fenomeno di contaminazione censita nel Vecchio Continente. Tuttavia in Corte d’Assise mercoledì l’allora funzionario del Servizio veterinario igiene degli alimenti di origine animale, Stefano Ferrarini, oggi sindaco del Comune di Quinto Vicentino non interessato dai Pfas, ha precisato che che quando scoppio il caso furono controllate su richiesta della Regione inizialmente 330 aziende zootecniche campionando l’acqua data da bere al bestiame, gran parte di essa proveniente da pozzi, e 20 di queste “mostravano criticità”. Oggi, però, la Regione controlla soltanto 80 aziende nelle tre aree rossa, arancione e gialla, dunque meno di un quarto di quelle iniziali, le rimanenti sono oggetto di autocontrollo. Tutto va naturalmente bene. Tra l’altro ci sarebbe la presenza di un centinaio di pozzi fantasma che sfuggirebbero ai controlli.

MITENI E BONIFICA
Sempre dall’aula è emerso che i Pfas arrivano sicuramente dal sito industriale dell’ex Mitenti, oggi dismesso, come ha sottolineato il testimone Ezio Lovato, dal 1999 dipendente dell’Ufficio Arpav di Azignano. “Abbiamo ricavato che il 97% della concentrazione Pfas registrato a valle del collettore Arica proveniva dal depuratore di Trissino dove scaricava Miteni. Pertanto, con ragionevole certezza anche la contaminazione della falda acquifera è da attribuire allo stabilimento chimico” finito al centro dell’attenzione prima locale e poi nazionale e internazionale dieci anni fa giusti. Nel torrente Poscola dove Miteni scaricava l’acqua di raffreddamento del sito trattata dal proprio depuratore “abbiamo rilevato quasi 10 mila nanogrammi/litro di Pfas, mentre nello scarico fognario 5,4 milioni nanogrammi per litro”. Non va dimenticato che il sito industriale nonostante sia dismesso continua ad inquinare la falda verso Padova e Rovigo, soprattutto in questi mesi in cui si sono registrate forti precipitazioni nel Vicentino, ma la bonifica dell’area di fatto non è ancora partita. L’ha denunciato il deputato Enrico Cappelletti del M5S lo scorso luglio in Commissione Industria, per il quale “dopo 10 anni non è stata eseguita alcuna bonifica”. Proprio a fine luglio Eni ha iniziato a conficcare nel terreno la barriera di contenimento di lastre di acciaio fino a 20 metri di profondità e correrà lungo il Poscola.


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