Economia

Piange il telefono

di Giovanni Vasso -


Ai sindacati non piace, per niente, la piega che sta prendendo il dossier rete Tim. Le parti sociali alzano la voce. Criticano, apertamente, la gestione della vicenda. E chiedono al governo di essere ricevuti, al più presto. I lavoratori alzano la voce e vogliono ricevere rassicurazioni sulle intenzioni di Palazzo Chigi. Vogliono sapere quale sarà il futuro della Netco, la società che gestirà le reti di Tim. E, soprattutto, pretendono chiarezza sulle strategie: la rete, che Giorgia Meloni già da prima della campagna elettorale ha detto dover essere in mano pubblica, sarà acquistata dai fondi internazionali?
La Uil va all’attacco. Il sindacato, che si dice “fortemente preoccupato del modo in cui si sta gestendo il dossier sulla rete anche alla luce delle offerte arrivate per acquisire la Netco da parte di fondi internazionali”, ha chiesto ufficialmente alla premier Meloni di “convocare il sindacato” e di “ascoltare le nostre preoccupazioni e la nostra visione sul destino di Tim e su ciò che da scelte sbagliate potrebbe scaturire per la tenuta occupazionale”. Il segretario generale Uil Pierpaolo Bombardieri e Salvo Ugliarolo, responsabile della Uilcom, ritengono “assolutamente critico” l’andamento della gestione del delicato dossier. E parlano, apertamente, di rischi e di strategie che, dal loro punto di vista, non risultano apprezzabili. “Siamo davanti a offerte per il controllo della Rete da parte di fondi stranieri che sono pronti a investire pur di prendere un asset importante come quello dell’infrastruttura di Tim ed una partecipazione in Sparkle”. Bombardieri e Ugliarolo puntano il dito contro Cdp: “Tutto ciò con la complicità di Cassa Depositi Prestiti che, utilizzando le risorse dei risparmiatori, si affida al fondo Macquarie per spezzare l`ex monopolista e condannare pesantemente il destino di migliaia di lavoratori a una grossa incertezza sul loro futuro occupazionale”.
Il sindacato, dicendosi ancora in attesa di “un vero confronto con le istituzioni e con Palazzo Chigi” denuncia la nebulosità che accompagna le grandi manovre legate alle offerte piovute sul tavolo di Tim per la Rete: “Si continua a leggere di operazioni per noi puramente finanziarie, ma non si conosce nulla sul destino delle persone che lavorano nel gruppo. Abbiamo rappresentato la nostra contrarietà ad operazioni di spezzatino, ribadendo a più riprese l’invito al governo a valutare altre opzioni che diano le giuste garanzie allo sviluppo della infrastruttura di rete, a una connessione per il nostro Paese, ma allo stesso tempo alla difesa dei perimetri occupazionali delle persone che ci lavorano”. Il giudizio della Uil è tranchant: “Purtroppo, stiamo assistendo, ad oggi, a operazioni che guardano solamente a regalare a fondi stranieri i pochi gioielli del paese. Una scelta che vede strizzare l’occhio, da parte della politica italiana, alle lobby, ai consulenti super pagati, a sistemi di potere che vogliono mettere le mani su una infrastruttura importante con obiettivi sicuramente diversi da quelli che vogliono far credere”.
La vicenda è cruciale. Tanto sul versante economico e strategico, quando sul fronte politico. Il centrodestra ha, da anni, teorizzato che la rete deve restare “pubblica”. E questo fatto rappresenta l’architrave della strategia digitale dell’Italia, nell’ottica della coalizione di maggioranza e, in particolare, di Fratelli d’Italia. Al momento ci sono due offerte, da parte degli americani di Kkr e di Cdp, in joint venture con gli australiani di Macquaire.

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