Politica

Piano Sala flop al Pd non riesce il bluff civico

Neanche Sala aiuta il Pd salta la lista salva-Di Maio.

di Adolfo Spezzaferro -


Letta mobilita i sindaci per oscurare la candidatura Di Maio. Ma anche il primo cittadino di Milano si sfila e aumenta il caos.

Il partito dei sindaci per portare voti al Pd non funziona più di tanto e pure il sindaco più di peso dell’operazione, il primo cittadino di Milano Beppe Sala, si sfila. L’operazione che mirava a mettere in secondo piano la presenza (pur necessaria) di Luigi Di Maio con la sua lista basata sul micro-partito Insieme per il futuro nell’ammucciata elettorale si è già arenata.

Intanto il segretario del Pd Enrico Letta, in evidente affanno, ammette la difficoltà: “Queste elezioni sono per noi un tappone dolomitico, tutto in salita, incredibilmente affascinante ma anche incredibilmente difficile. E io voglio metterci, oltre alla determinazione, anche una certa scientificità. Che consiste anche nell’impostare una giusta strategia che tenga conto della legge elettorale. Senza lasciare nulla al caso”. Imbarcare tutti, ma scientificamente. Con l’auspicio che gli elettori dem di sinistra si turino il naso e votino lo stesso Pd. “Dov’è la sinistra in Italia? La risposta è semplice: la sinistra è il Partito democratico”, afferma Letta per convincere sopratuttto se stesso.

Dal canto suo, il sindaco di Milano spiega che “Luigi Di Maio ha manifestato ad Enrico Letta la disponibilità a far parte del centrosinistra e sta cercando di capire chi può essere con lui per allargare il livello di offerta”. Di qui l’avvertimento di Sala: “Se qualcuno giudica negativo il fatto di allargare un campo che parte sfavorito lo dica, ma se non si prova ad allargare il campo si perde”. Certo, fa presente il sindaco dem, “non è semplicissimo immaginare di far coesistere personalità come quella di Fratoianni con Calenda ma io penso che si debba provare”. Tornando al ministro degli Esteri, Sala è convinto che “possa raccogliere intorno a lui altre persone” e “darò una mano per cercare di raccogliere adesioni anche intorno a questa nuova lista”. Ma il sindaco meneghino ha ribadito che non si candiderà. E come lui, altri sindaci dem. Come il primo cittadino di Bari, Antonio Decaro: “Bari è la mia città. La città dove sono nato. La città che ho promesso di amministrare. La città che otto anni fa mi ha messo una fascia tricolore sulle spalle. E non posso tradirla. Perché con questa città ho un patto da onorare”, scrive su Facebook. Insomma, una mano a Di Maio sì, una lista per salvarlo no. “L’unica cosa che ho chiesto a Letta è di lavorare affinché in questo momento si azzerino i veti”. A tal proposito, per quanto riguarda Matteo Renzi, “mi pare più isolato e c`è da parte di una parte del Pd un atteggiamento negativo nei suoi confronti e quindi stia seriamente valutando la possibilità di correre da solo. Renzi – è il vaticinio di Sala – in un modo o nell’altro sarà della partita”. Infine il sindaco dem esclude ogni possibilità di alleanza con i 5 Stelle: “Dopo tutto quello che è successo ma soprattutto per posizionamento, not in my name, non ci sto”.

Letta intanto non demorde, a breve incontrerà l’ex sindaco di Parma Federico Pizzarotti, anche lui, ex grillino, a lavoro per “rendere possibile una mobilitazione ampia e diffusa delle liste civiche, degli amministratori locali e delle associazioni che oggi sentono il dovere dell’impegno”. Ma anche Pizzarotti, come Sala, non entrerà nella lista Di Maio. Escluso che i due possano lavorare uno di fianco all’altro, soprattutto a causa delle vecchie ruggini del passato.

L’obiettivo di Letta è noto – anche se la metà degli elettori preferirebbe che il Pd corresse da solo – siglare alleanze nei collegi uninominali. Dove però va scelto un candidato che possa vincere. Questo delle liste è dunque è un nodo ancora più difficile da sciogliere per il segretario dem, che deve trovare la quadra in un’alleanza che va dagli ex FI confluiti nel partito di Calenda fino alla sinistra di Speranza. A tal proposito c’è un altro problema: con il taglio dei parlamentari, i collegi si sono allargati notevolmente. Quelli della Camera superano i 400mila abitanti per collegio e quelli del Senato possono arrivare fino a un milione di abitanti. Ecco perché sui territori la battaglia per le liste e soprattutto per i candidati sarà dura, perché più il territorio è vasto più è complicato individuare il nome vincente. Sempre se Letta riuscirà a mettere tutti insieme per provare a battere “le destre”, che oggi si chiamano Meloni.


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