Cultura & Spettacolo

Pino Ammendola: “La cultura è una delle porte della felicità”

di Nicola Santini -


Il diritto alla felicità, film che ha conquistato più di quaranta premi internazionali, sbarca anche a teatro. Scritto e diretto da Claudio Rossi Massimi che ne cura anche la regia teatrale, lo spettacolo – prodotto da Lucia Macale per Imago Film con Teatrando Film e UAO spettacoli – racconta una storia di amore e amicizia nella quale sono i libri i veri protagonisti. Nella libreria di Libero, portato in scena da Pino Ammendola, scorre la vita reale tra malinconie, amori e sguardi al futuro. E, al centro di tutto, il rapporto con il piccolo Essien, un vero divoratore di libri che diventerà l’amico, la sponda e la speranza del caro Libero. In attesa della prima nazionale dello spettacolo – progetto dedicato a Unicef a cui andrà parte dei proventi – che si terrà sabato 28 gennaio, alle ore 21, all’Auditorium della Biblioteca Nazionale di Roma, Pino Ammendola racconta a L’Identità le sue emozioni a poche ore dal debutto.
Pino, come nasce il tuo coinvolgimento in questo spettacolo?
Amo da sempre il libro da cui è tratto lo spettacolo e, con grande gioia, sono riuscito a trasmettere questa passione anche a mio figlio. L’idea di fare questo spettacolo, dove in qualche modo l’amore per la lettura e i libri è protagonista, è una cosa che mi ha conquistato immediatamente. Non ho esitato quando mi è stato proposto, mi sono innamorato dell’idea.
Come descriveresti Libero, il personaggio che interpreti?
Una cosa che mi affascina di Libero è che è una sorta di anarchico, anche, e soprattutto, per il suo rapporto economico con i libri: lui li vende per passione più che per interesse. Ha una sezione a cui ha dato un nome, “Libri proibiti”, che raccoglie tutte quelle pubblicazioni che nel corso degli anni sono stati vietati. Libero regala questi libri, quasi per risarcirli del fatto che sono stati banditi dalla lettura. La trovo un’idea geniale.
Al centro della storia, un’amicizia con un ragazzino che cresce con le esperienze emotive regalate da ogni romanzo che condividono…
Sì, Essien è un ragazzino immigrato, in Italia da un pugno di anni. Ha quell’energia e quella curiosità che oggi si sta perdendo nei giovanissimi, perché la seduzione dell’immagine è talmente didascalica che riduce la possibilità di avvicinarsi ad un libro. Libero alimenta la curiosità di Essien regalandogli dei libri.
C’è stata nella tua vita una persona come Libero che ti ha avvicinato alla lettura?
Sono stato un uomo molto fortunato: già un maestro, durante la scuola elementare, mi avviò alla lettura. L’amore per la lettura, però, l’ho ereditato da mia nonna: ho cominciato a leggere in età prescolare e ricordo che lei, grande appassionata di letteratura russa, mi avvicinò a questi romanzi abbastanza impegnativi. Questa passione per la lettura l’ho poi trasmessa a mio figlio, anche attraverso una sorta di “gioco”: i primi centro libri da leggere prima dei 18 anni. E’ stato molto divertente. Quanto è importante avvicinarsi alla lettura da giovanissimi?
Tanto. Se i grandi sentimenti, soprattutto l’amore, li leggi prima di provarli, hanno tutto un altro sapore. Mi spiego meglio: se leggi Madame Bovary o L’educazione sentimentale dopo i vent’anni, hai già avuto quelle pulsioni; se sfogli quelle pagine a tredici anni, queste cose le devi fantasticare e crei una tavolozza mentale di immagini e di emozioni, che poi si scontrerà con la realtà, che è completamente differente da chi legge questi classici da adulto.
La cultura può essere una chiave di accesso alla felicità?
Assolutamente. Se ripenso alla mia vita, ho vinto il mio destino biologico e sociale che mi voleva a fare il professionista e invece ho fatto quello che volevo, ho vissuto i miei sogni. Da ragazzino mi mettevo davanti allo specchio e facevo le smorfie che poi mi hanno permesso di comprare casa. Sono stato profondamente fortunato ma quando si arriva alla mia età comprendi che la cosa che ti affascina di più è imparare e conoscere. Questo lo considero un vero e proprio accesso alla felicità.
Cosa dovrebbero insegnarci da bambini sulla felicità?
Innanzitutto che la felicità è un’aspirazione lecita. Bisognerebbe spiegare ai bambini che hanno diritto e in qualche modo anche un dovere di cercare la felicità, un’armonia interiore.

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