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Pisicchio: “L’Ue non fa più politica ora è lo spazio di lobby e finanza”

di Edoardo Sirignano -

GIUSEPPE PINO PISICCHIO POLITICO FEDERICO FERRARO VICE PRESIDENTE RETE SCELGO ITALIA


“Chi è a Palazzo Chigi doveva innanzitutto mantenere la credibilità acquistata da Draghi in Europa e poi volgere lo sguardo oltreoceano”. A dirlo Pino Pisicchio, ex europarlamentare e saggista, a margine dell’ultimo evento organizzato da Colturazione e tenutosi a Martina Franca in Puglia.

Basta osservare gli ultimi aiuti dell’Ue ai Paesi che hanno inviato armi all’Ucraina per notare più di una disparità. L’Italia è davvero così marginale?

L’Europa tutta, negli ultimi tempi, si è trovata in difficoltà. Il dato rilevante, per quanto riguarda l’Italia, però, è uno solo: prima c’era Mario Draghi e adesso non c’è più. Stiamo parlando di chi ha impegnato la sua personale reputazione per collocare il nostro Paese in una posizione di grande prestigio oltre che di utilità politica. In un certo senso è stato in grado di colmare quel vuoto lasciato dalla Merkel.

Quanto pesa l’assenza del banchiere?

Non poco. Bisogna ricostruire relazioni. L’Ue rischia di diventare un consorzio tra nazioni diverse a egemonia franco-tedesca, a maggior ragione se non c’è un profilo che abbia una credibilità, in grado di andare oltre la politica. Meloni fa quello che può, ma tutti sanno che occorre del tempo, che purtroppo non c’è. Il placet degli Stati Uniti non basta per farsi rispettare in Europa.

In cosa si è sbagliato?

Chi è a Palazzo Chigi doveva guardare prima ai propri vicini e poi volgere lo sguardo oltreoceano. Nello scacchiere mondiale, oggi, veniamo considerati per essere amici di… e non perché riusciamo a metterci del nostro, come invece accadeva con Draghi. Questa è la realtà.

A condizionare le scelte dell’Europa spesso sono anche lobby, multinazionali e finanza…

L’Europa attuale è uno spazio nel quale si incontrano e confrontano lobby e potentati finanziari. Il modello della solidarietà, del punto d’incontro tra popoli, è un ricordo. La politica cammina con le gambe di chi esercita la rappresentanza.

Ha scritto un testo intitolato “la politica come mestiere”. Si può dire che la classe dirigente odierna non ha niente a che vedere con quella di una volta?

Non sono un nostalgico. Bisogna guardare al futuro. Credo molto nella teoria dello stop and go. Adesso siamo in pausa. È venuto, quindi, il momento di premere l’interruttore della visione, pur non dimenticando la storia dell’Ue.

In quali ambiti si dovrebbe rafforzare la coesione?

Occorre un balzo in avanti sulla difesa comune, sulle politiche fiscali, sul sociale.

Non ritiene che oggi si parli troppo del costo delle zucchine e poco dei problemi veri, quasi come se dei poteri forti volessero dettare l’agenda?

Da ex parlamentare, sottoscrivo tali parole. Quando arrivai a Bruxelles pensai che si parlasse di politica, di cosa fare per i territori, le comunità. Mi resi conto, invece, che ogni parlamentare era semplicemente un portatore di un interesse. Ecco perché gli scandali attuali, compreso Qatargate, non mi sorprendono più di tanto, così come non mi stupisce che si parli del costo delle zucchine.

Qualcuno sostiene che sia venuto il momento di sciogliere l’Europa. È d’accordo?

Assolutamente no! Ogni Paese è troppo piccolo nel mondo attuale. Nessuno può fare da solo. Bisogna rivedere un’istituzione, magari partendo proprio dai fondatori.

Come giudica i primi mesi di esecutivo Meloni?

La premier si è mossa sul solco di Draghi. Non mi sembra che abbia fatto molto di più, salvo qualche provvedimento sui migranti. Non possiamo prendercela, comunque, con chi è Palazzo Chigi da settembre. Ha dovuto percorrere un tracciato obbligato. Dovendo dare un voto, quello giusto è cinque e mezzo.

Perché non si sente di dare la sufficienza alla leader di Fdi?

Non ha fatto ancora nulla del suo programma e di ciò per cui gli italiani l’hanno votata.

L’opposizione, intanto, è più divisa che mai. Cosa succede alla sinistra?

Sulla tenuta del Pd, bisognerebbe consultare il mago Nicola. Stiamo parlando del partito che assomiglia di più a quelli della Prima Repubblica. Spero che qualcosa possa cambiare. L’opposizione ne ha bisogno. Sbaglia chi invoca lo scioglimento del pilastro della coalizione. Il Pd deve, piuttosto, riprendere la vocazione originaria, tornare a essere partito della sinistra, a parlare di diritti sociali. Basta scimmiottare i dem americani.

La svolta può arrivare dalle primarie?

Bonaccini è già segretario. Le primarie serviranno solo a determinare equilibri tra correnti. Siamo di fronte a un perfetto manuale Cencelli, dove tutti corrono esclusivamente per piazzarsi meglio casomai la sinistra dovesse tornare al governo. Qualcuno si è candidato per il solo diritto di tribuna.


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