Esteri

Programma nucleare, l’Iran ancora non ha ripreso i colloqui con gli Usa

Intanto Teheran accelera il programma militare: secondo i media locali avrebbe acquistato dalla Cina un pacchetto di armamenti avanzati

di Monica Mistretta -


L’Iran non avrebbe chiesto la ripresa dei colloqui sul nucleare. Ad affermarlo è il portavoce del ministro degli Esteri iraniano, Esmail Baghaei, che ieri ha smentito le dichiarazioni di Trump in merito a un imminente incontro.

Lunedì, intanto, ha riaperto l’ambasciata svizzera a Teheran, la sede diplomatica che rappresenta gli interessi degli Stati Uniti in Iran. E mentre i colloqui tra i due Paesi sono in stallo, una svolta potrebbe arrivare dall’incontro che si è svolto ieri alla Mecca tra il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, la controparte saudita Faisal bin Farhan e il principe ereditario Mohammed bin Salman. Nelle ore che hanno preceduto i colloqui, infatti, diplomatici sauditi di alto livello hanno fatto visita sia a Mosca che alla Casa Bianca. Riyad, che in queste ore è impegnata a mediare un cessate il fuoco a Gaza e a riavviare il dialogo con l’Iran, mira al ripristino della stabilità regionale.

Nel corso dei 12 giorni di conflitto tra Israele e Iran, ha condannato pubblicamente sia l’attacco israeliano a Teheran sia il blitz iraniano sulla base militare statunitense in Qatar. Dal 2023, grazie a un accordo mediato dalla Cina, ha sempre mantenuto contatti regolari con la rivale Teheran. È opinione comune di ufficiali occidentali e mediorientali che a tenere l’Iran lontano dal tavolo negoziale sia da un lato il timore di nuovi attacchi aerei nel caso la mediazione dovesse fallire, dall’altro un’umiliazione in casa se Teheran fosse costretta ad accettare la richiesta statunitense di cessare ogni attività di arricchimento dell’uranio. La posizione iraniana sul nucleare non è cambiata dopo la guerra. E adesso Teheran è meno che mai disposta a rinunciare alla produzione di droni e sistemi missilistici. Il disaccordo con gli Stati Uniti persiste ed è sostanziale.

Anzi, Teheran, dopo aver bloccato le ispezioni dell’AIEA, ha dato un’accelerazione al suo programma militare. Secondo i quotidiani locali, avrebbe acquistato dalla Cina un pacchetto di armamenti avanzati che include radar di sorveglianza a lungo raggio e dispositivi elettronici militari. In particolare, sarebbero stati acquistati radar per la rivelazione dei sofisticati velivoli stealth utilizzati da Israele, gli F-35. Ufficiali iraniani, per ora, non hanno confermato la notizia, tuttavia, secondo il sito di informazione Defense Security Asia, nei giorni scorsi Israele avrebbe chiesto espressamente alla Cina di bloccare la vendita a Teheran dei suoi jet avanzati J-10C. Sono numerose le voci critiche all’interno dell’Iran che si chiedono se i costosi sistemi militari di produzione cinese siano in grado difendere il Paese nell’eventualità di un nuovo attacco israeliano.

Tuttavia, è chiaro che la corsa agli armamenti è solo agli inizi. All’indomani della guerra, Trump ha suscitato un certo clamore quando ha dichiarato che la Cina poteva riprendere ad acquistare petrolio dall’Iran, sconfessando di fatto le sanzioni imposte tanto dal Congresso, quanto del Dipartimento del Tesoro statunitense. Il 90% delle esportazioni di petrolio dell’Iran, valvola economica del Paese, sono destinate proprio a Pechino. Negli ultimi decenni le consegne si sono svolte in gran parte per vie illegali, tramite trasbordi da nave a nave. Fermarle con nuove stringenti sanzioni avrebbe sicuramente rallentato la corsa al riarmo di Teheran. Le priorità, evidentemente, sono diverse. Lo stallo dei colloqui, con gli attori in campo fermi da quindici giorni sulle proprie posizioni e nessun colloquio all’orizzonte, non aiutano Riyad a mantenere un equilibrio in Medio Oriente.


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