Politica

POLITICA: Più che al bilancio si pensa al Quirinale

di Redazione -


Il Parlamento, sia pure con un certo ritardo, sta per entrare in sessione di bilancio, mai importante come adesso perché, dopo anni di tagli e ristrettezze, il documento contabile, grazie soprattutto al Pnrr, ovvero agli aiuti europei, dovrebbe favorire il rilancio del nostro Paese nonostante i segnali di ripresa dell’epidemia di covid. Sarebbe logico quindi aspettarsi che tutte le forze politiche rappresentate nelle due Camere siano fortemente impegnate nel miglioramento del testo governativo. Invece, se un occhio va certamente in questa direzione, l’altro guarda più intensamente a ciò che accadrà tra pochi mesi, ovvero alle elezioni del nuovo presidente della Repubblica. Sergio Mattarella, infatti, è giunto quasi alla fine del suo settennato al Quirinale e, nel prossimo mese di febbraio, senatori, deputati e rappresentanti regionali si riuniranno in seduta comune per eleggere il nuovo capo dello Stato. L’appuntamento è sempre più vicino e tutti i partiti si stanno muovendo per individuare una soluzione che possa raccogliere la maggioranza dei consensi (ed il loro favore). Per il momento, sembra inattuabile la strada che molti avrebbero voluto imbucare, ovvero la riconferma, sia pure per un periodo transitorio (di qualche mese o, se possibile, di almeno un anno) di Mattarella. Questi infatti ha fatto sapere che non intende assecondare queste richieste e, per esplicitare maggiormente le sue intenzioni di lasciare il Colle, ha pubblicizzato la sua ricerca di un nuovo alloggio nella Capitale. Scartata questa ipotesi, quella più ovvia sarebbe quella di portare al Quirinale la persona che più di tutti potrebbe rappresentare l’Italia in Europa e nel mondo. E questa persona, almeno per il momento, è Mario Draghi, che gode di un indiscusso prestigio internazionale. Ma ad ostacolare questa ipotesi c’è il fatto che l’ex presidente della Bce sta guidando l’attuale governo che potremmo definire di “unità nazionale” (solo FdI di Giorgia Meloni si trova all’opposizione, ma si tratta di una opposizione “dialogante” con Palazzo Chigi). Draghi al Quirinale significherebbe quindi un nuovo governo o, forse, elezioni anticipate che la gran parte dei parlamentari non vuole perché con la riduzione del numero dei deputati a 400 (dagli attuali 630) e dei senatori a 200 (oggi 315 più i senatori a vita). Quindi anche la strada che porta a Draghi sembra al momento impraticabile (il leghista Giancarlo Giorgetti ha provato a lanciare la sua candidatura affermando che dal Quirinale Draghi potrebbe “eteroguidare” Palazzo Chigi, ma la sua proposta è stata etichettata da molti come un semipresidenzialismo camuffato che la nostra Costituzione non prevede). Quindi, tolti Mattarella e Draghi, sta impazzando il “toto-nomi”. Si va da Marta Cartabia, attuale ministro della Giustizia, all’inossidabile PierFerdinando Casini; da Giuliano Amato, giudice costituzionale, che riciccia ogni volta che si deve eleggere il capo dello Stato, a Silvio Berlusconi, ammaccato da vicende giudiziarie e sanitarie, all’insegna “dell’ora o mai più”. Ma dal cilindro dei partiti e degli organi di informazione potrebbero sortire altri candidati al Colle. Come si sa, la fantasia degli italiani e dei loro rappresentanti in Parlamento è quanto mai fervida. Intanto, mentre tutti pensano alla corsa per il Quirinale, la legge di bilancio, ad oggi, 8 novembre, non è stata ancora presentata in Parlamento, il che renderà obbligatoriamente necessario il ricorso al voto di fiducia in tutte e due le Camere se si vuole evitare il ricorso all’esercizio provvisorio. Voto di fiducia che dovrebbe respingere l'”assalto alla diligenza” che ogni anno caratterizza l’esame del documento contabile e, nel contempo, rafforzare le resistenze di Draghi di fronte alle richieste di modifica del provvedimento che sono state già avanzate sia dalla sinistra che dalla destra della composita maggioranza che lo sostiene.

Giuseppe Leone


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