Attualità

Poltronissime avanti a destra

Giorgetti in pole per Montecitorio, ma Salvini ancora non dà il via libera. Al Senato la partita di La Russa ha l’ostacolo Segre. E spunta l’eterno Casini

di Adolfo Spezzaferro -


Ignazio La Russa presidente del Senato e Giancarlo Giorgetti presidente della Camera: sono i primi nomi (quasi) sicuri mentre impazza il totoministri. Il cerchio dunque si restringe: se i due esponenti di spicco di FdI e Lega siederanno sugli scranni più alti del Parlamento non faranno i ministri. Più si avvicina la data dell’incarico alla premier in pectore Giorgia Meloni più si va verso i nomi definitivi della squadra di governo. Una cosa è certa: la decisione ultima starà alla leader di FdI (di concerto, sia chiaro, con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella).

Ma ci sono altri due nomi che dobbiamo fare in merito al Parlamento: Pier Ferdinando Casini, senatore del centrosinistra, e la senatrice a vita Liliana Segre. Mentre per il centrista già presidente della Camera sono in corso trattative con la maggioranza per un possibile incarico (proprio a guida del Senato?), la Segre in quanto senatore più anziano a Palazzo Madama dovrà presiedere la prima seduta dell’Aula. E in tanti, se davvero La Russa sarà il prossimo presidente del Senato, ritengono altamente improbabile che come da protocollo la Segre stringa la mano al big di FdI. Tuttavia c’è anche chi fa presente che alla fine è una procedura da regolamento e che la senatrice a vita si presterà senza problemi.

Sul fronte del totonomi, è la Meloni in persona a dare indicazioni più che precise. “Io ci metto la faccia su questo governo”, è quanto avrebbe detto la presidente di FdI in occasione dell’esecutivo del suo partito. Nel vertice di ieri a via della Scrofa, durato tre ore, la prossima presidente del Consiglio ha ribadito la linea: “Sono disposta ad ascoltare tutti e a tenere conto delle loro indicazioni, ma il principio deve essere chiaro. Serve un governo autorevole, di persone competenti”. I nomi giusti al posto giusto, insomma. In un delicato equilibrio che si poggia sulle richieste degli alleati di centrodestra, sui paletti di Mattarella e (forse) sui consigli del premier uscente Mario Draghi. Equilibrio che deve pure essere stabile, ché la Meloni vuole governare cinque anni.

Altra indicazione chiara e forte data dalla leader di FdI è: “Non mi farò imporre nomi che non siano all’altezza del compito”. Governo politico, dunque. Perché è quello che chiedono gli elettori. Ma basato sul merito. Ecco perché se in tale ottica resteranno caselle vuote si potrà e dovrà ricorrere a figure di tecnici. Altro avvertimento: “Nessuno pensi di risolvere i problemi interni al proprio movimento proponendo nomi per l’esecutivo. Dobbiamo dare alla nazione un governo di alto profilo”. Un monito che sembra rivolto alla Lega, più che a FI.


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