Pomodoro da industria, fumata nera per il prezzo della campagna del Nord Italia
“Un passo avanti e due indietro”: è netto il presidente dei produttori di pomodoro da industria di Confagricoltura Emilia Romagna, Giovanni Lambertini, per l’ennesima “fumata nera” nella lunga trattativa sul prezzo per la campagna del Nord Italia 2023. E cresce l’insofferenza della parte agricola di fronte al muro innalzato dall’Industria, quando invece, in Spagna, il patto è già stato chiuso a 150 euro a tonnellata, addirittura senza alcuna penale in caso di difformità nel frutto.,.
Mentre l’Emilia-Romagna, o meglio l’areale del pomodoro da industria del Nord Italia che include anche Lombardia, Piemonte e Veneto –, non ha ancora raggiunto l’accordo, la società agricola Casalasco ha accorciato i tempi e nei primi giorni del mese di aprile ha definito il prezzo con le due maggiori Organizzazioni di Produttori del Nord, Ainpo e Asipo: 150 euro a tonnellata. Confagricoltura Emilia Romagna accoglie con favore il risultato raggiunto, ricordando però che per troppo tempo la trattativa si è arenata a 126 euro a tonnellata e che ora serve uno sprint finale. “L’accordo siglato da Casalasco deve essere preso come riferimento per arrivare all’intesa – sottolinea Lambertini -, il momento è critico, la messa a dimora delle piantine è già iniziata tra crisi idrica, gelate tardive e maltempo”.
Nessun produttore di pomodoro – viene fatto notare – ha guadagnato nel 2022 a causa dei rincari di luce, gasolio agricolo e fertilizzanti dovuti agli effetti del conflitto russo-ucraino, a causa delle spese sostenute dai consorzi per il servizio irriguo che si sono tradotte a fine anno in bollette salate per gli agricoltori. Ulteriori aumenti dei costi colturali sono stati poi registrati nell’anno in corso. Solo le piantine costano il 10% in più, addirittura con tempi di pagamento ridotti a 30 giorni. Ma la tabella dei costi produttivi nel 2023 va aggiornata anche per quanto concerne i fitofarmaci (+20-30%), i tubi in polietilene e pvc per l’irrigazione (+10-15%) e il costo dell’acqua stimato per il 2023: +10-20%.
“Nella nostra regione – rileva Confagricoltura Emilia-Romagna – si coltiva il 69% del pomodoro dell’areale Nord Italia, che trasforma circa 3 degli oltre 5 milioni di tonnellate di passata top quality, fiore all’occhiello del made in Italy, secondo i dati OI Pomodoro Industria Nord Italia 2022. Nel Paese si produce il 56% del prodotto trasformato in UE e il 15% della produzione mondiale. E l’Emilia-Romagna rappresenta l’areale d’Italia più rilevante sia in termini di superfici coltivate (25 mila ettari complessivi su un totale Paese di 65 mila ettari), sia per la presenza di 22 stabilimenti attivi nella trasformazione del pomodoro fresco”.
Ora, il blocco della trattativa. “Inspiegabilmente – prosegue il presidente regionale dei produttori di pomodoro di Confagricoltura -, mentre vanno a gonfie vele le vendite all’estero di polpa, passata e concentrati anche bio, tant’è che i magazzini risultano vuoti. Non si comprende l’atteggiamento inflessibile dell’industria, quando il costo della materia prima agricola in un barattolo di passata di pomodoro da 1 euro è al massimo 15 centesimi soltanto. L’auspicio è che si arrivi presto a definire un prezzo che garantisca la piena copertura dei costi di produzione. Servono poi dei correttivi alla ‘tabella qualità’ altrimenti si rischia di dover pagare anche la penale prevista in caso di mancata consegna del 95% del prodotto contrattato: inconcepibile con la crisi idrica che stiamo vivendo e la paura di vedere drasticamente calare le rese”.
“Questo mancato accordo getta nell’incertezza i produttori – conclude l’associazione -. È inaccettabile pensare di terminare le operazioni di trapianto senza il prezzo garantito ma anche senza correttivi alla “tabella qualità” per scongiurare il rischio di eventuali distorsioni nella determinazione del prezzo al ricevimento del prodotto in stabilimento e per dare maggior valore al pomodoro “tardivo”, soggetto più di altre varietà alle bizzarrie del meteo – gli effetti del cambiamento climatico non possono ricadere sempre e solo sulle spalle degli agricoltori-. Non ultimo, senza sapere se ci sarà acqua a sufficienza per irrigare i campi coltivati fino alla fine della stagione di raccolta, nella terza decade di settembre”.
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