Economia

Povere pensioni

di Cristiana Flaminio -


Povere pensioni. Ma beato chi ce l’ha, in famiglia, un anziano. L’Istat ha pubblicato ieri il report sul sistema previdenziale italiano per il 2021 e il primo dato che balza agli occhi è legato al rischio di povertà. Il 14,6% delle famiglie in cui almeno un membro percepisce un assegno pensionistico sono a rischio povertà. Si tratta di un dato che è in discesa rispetto a quello dell’anno precedente, quando la percentuale delle pensioni a rischio indigenza era pari al 15,7%, ma che tuttavia conferma che nessuno è esente dai rischi di esclusione sociale. Nemmeno i pensionati che, difatti, hanno deciso di tornare a lavorare.

Aumentano quelli che tornano al lavoro

Questo è un altro dato importante per comprendere come vivono gli anziani italiani. Rispetto al 2020, i pensionati che dichiarano anche redditi da lavoro sono 444mila, in netto aumento (+13,3%). L’età media di coloro che prosegue a lavorare è stata stimata in circa 69 anni. Una cifra che arriva dalla media tra il 78,6% di 65enni e il 41,8% di 70enni. Si tratta per lo più di uomini (75%), residenti al Nord Italia (65%), di bassa scolarizzazione (51,5%) che si danno a un impiego per lo più autonomo e indipendente (86,3%). La maggior parte dei pensionati lavoratori è impiegata nell’agricoltura e nel settore del commercio.

Una “sicurezza” per le famiglie

Quasi una famiglia italiana su due conta tra i suoi membri almeno un pensionato. Al Nord, gli anziani vivono per lo più da soli (29,3%) o in coppia senza figli (40,8%). Al Sud, invece, il 21,7% degli anziani vive coi figli. Per oltre 7,1 milioni di famiglie, e cioè il 60% di quelle con pensionati, i trasferimenti pensionistici costituiscono più dei tre quarti del reddito familiare disponibili. Per poco meno di una famiglia su quattro (24,4% e cioè 2,9 milioni di famiglie) rappresentano addirittura l’unica forma di reddito disponibile.

Al Sud il rischio di povertà è doppio

Il reddito delle pensioni è sceso, rispetto al 2019, dello 0,8% in termini nominali e dello 0,7 reali. La metà delle famiglie con pensionati ha un reddito medio sotto i 26.412 euro (2.201 euro al mese). Ma queste cifre, al Sud, crollano fino a 22.995 euro mentre salgono oltre i 30mila euro al Centro e si stabilizzano sui 27.869 euro al Nord. Le pensioni rappresentano uno scudo importante per le famiglie contro la povertà. Tuttavia, oltre i dati numerici, pesa ancora una volta il divario territoriale. Un pensionato che vive al Sud o nelle isole, è sottoposto a un rischio di esclusione di esclusione sociale due volte maggiore di quello che grava sugli anziani del Nord e del Centro. Le famiglie di pensionati più esposte al disagio sono quelle composte da pensionati che convivono con altri parenti non occupati.

Il Nord incassa di più

La maggior parte degli assegni pensionistici italiani è intestata alla popolazione femminile. Ma, in termini di esborso, sono le pensioni degli uomini a “pesare” di più sul sistema previdenziale. Ciò è dovuto alla minore partecipazione, negli anni scorsi, delle signore al mercato del lavoro. Le donne titolari di pensione rappresentano il 55% del totale, ma gli uomini drenano il 56% delle risorse. I redditi medi sono, pertanto, inferiori del 28% tra i generi. Anche qui, però, pesa moltissimo il divario territoriale. Un pensionato del Sud si vede corrispondere un importo che rappresenta l’87% del reddito medio italiano (nel migliore dei casi, si arriva al 94%). Al Nord Ovest, invece, gli assegni risultano pari al 128% del valore di benchmark mentre nel Nord Est le pensioni sono uguali “solo” al 123% del mediano. Per citare due numeri, basti tener presente che una pensione di vecchiaia media per un uomo è pari a circa 20mila euro, per una donna invece scende attorno agli 11mila euro l’anno.


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