Economia

Poveri lavoratori italiani: salari reali flop e la pensione un miraggio

I dati Ocse: dal 2021 -7,5% per le paghe il rischio di lavorare fino alla terza età

di Cristiana Flaminio -


Poveri lavoratori italiani. Perdono quota i salari reali, più che altrove, più che in ogni altra economia avanzata del mondo. E, dal momento che di culle piene ce n’è pochine, oltre al danno degli stipendi magri ci sarà la beffa di dover continuare a lavorare più degli altri poiché, dal momento che da qui ai prossimi anni il rapporto tra pensionati e occupati attivi sarà di 1 a 1,3, c’è il rischio che tutto il sistema vada a carte quarantotto. Poveri, poverissimi, lavoratori italiani.

A suonare l’ennesima sinfonia di cattive notizie è stata l’Ocse nel suo Employment Outlook per quest’anno. Una sfilza di pessime nuove. E se qualcuna buona c’è, subito ci pensano gli analisti dell’organizzazione per la cooperazione economica a tramutarla in una novità per cui non c’è troppo da entusiasmarsi. Il primo dato che balza all’occhio è quello delle tasche sempre più vuote. I salari reali, dal 2021 a oggi, sono tracollati del 7,5 per cento. Si tratta del dato peggiore tra tutte le economie più avanzate. L’Ocse, pur ammettendo che nell’ultimo anno si è assistito a un aumento “relativamente solido” delle paghe, fa i conti in tasca al Paese. E rivela che in Italia, nonostante il rinnovo dei contratti collettivi nazionali, e nonostante gli aumenti salariali superiori riconosciuti ai lavoratori, il gap, o meglio il salario reale perduto non è stato né ritrovato né recuperato. Non abbastanza, secondo gli economisti dell’Organizzazione per la cooperazione economica, per sconfiggere l’inflazione sotto i cui morsi languisce, insieme con la paga, anche il potere d’acquisto dei lavoratori italiani. Non andrà granché meglio nei prossimi due anni, spiegano gli analisti Ocse nell’Employment Outlook 2025, dal momento che si prevedono aumenti contenuti che porteranno i salari (nominali) a crescere del 2,6% quest’anno e del 2,2 per cento nel 2026. Ma, stando all’analisi Ocse, queste risalite potranno quantomeno dare ristoro alle perdite reali subite dai poveri lavoratori italiani.

Che, incatenati a un posto che paga poco, dovranno rimanerci per molto tempo ancora. Almeno se il governo deciderà di prestare ascolto alle indicazioni Ocse. Le proiezioni degli analisti non sembrano lasciare scampo: la demografia languisce, come se non peggio dei salari reali, e da ora fino al 2060 la popolazione in età lavorativa italiana calerà addirittura di un terzo, del 34%. Ciò vorrà dire che per ogni pensionato ci saranno 1,3 lavoratori. Troppo poco per garantire la tenuta del sistema. Che, secondo gli analisti Ocse, rischia di collassare. Il pil pro-capite rischia di calare, ogni anno, dello 0,67% e solo se la produttività tornasse a essere quella dei rampanti anni ’90, o almeno la metà, si potrebbe sperare di tornare a crescere. Ma gli analisti, su questo, sono scettici: “Questo obiettivo appare difficile per l’Italia date le performance degli ultimi decenni”. E se l’occupazione è a livelli record, non importa. Almeno, poco interessa agli economisti dell’organizzazione per la cooperazione che seppur plaudono ai risultati, tuttavia fanno notare che il livello medio degli occupati rimane sotto la media dei Paesi più sviluppati. Insomma, anche quelle poche buone notizie a cui ci si aggrappa vengono scosse dai report Ocse.

Tuttavia, c’è da considerare che il bicchiere è mezzo vuoto per tutti, non solo per l’Italia. Nell’intera area Ocse, stando alle proiezioni degli analisti, il gelo demografico rischia di causare un uragano economico di proporzioni apocalittiche. La crescita del Pil pro capite, difatti, rischia di venir dimezzata da qui al 2060. Senza interventi, senza seguire nessuna strategia, lasciando scorrere così le cose, il pericolo è di veder crollare la produttività del 40 per cento da qui a trentacinque anni. Insieme all’Italia, rischiano grosso anche Grecia e Lussemburgo: il rischio è della decrescita (poco felice) di mezzo punto percentuale di Pil. Un disastro economico. Che rappresenterebbe l’ultima, e definitiva, beffa per i poveri lavoratori italiani. Pagati meno degli altri, costretti a lavorare più tempo degli altri, per veder crollare produzione e tenore di vita.


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