Attualità

PRIMA PAGINA – Attenti alle tribù della crisi. Europee, i rischi dei leader

di Adolfo Spezzaferro -


Dimentichiamoci destra e sinistra – anche perché sempre più elettori non le distinguono più -, dimentichiamoci europeisti e euroscettici: le prossime elezioni per il Parlamento europeo si giocheranno su quale delle cinque cosiddette “tribù della crisi” (crisi climatica, crisi economica globale, crisi migratoria, pandemia di Covid-19 e guerra in Ucraina) accorrerà più numerosa ai seggi per dar voce alle sue istanze e preoccupazioni. Con il rischio sempre più forte che in tanti, troppi diserteranno le urne. E’ questo il quadro tutt’altro che rassicurante – al contempo una sfida per i partiti – che emerge da un’analisi del think tank pan-europeo European Council on Foreign Relations (Ecfr), a sua volta basata su sondaggi d’opinione svolti da Datapraxis, YouGov e Norstat in undici Paesi europei. Nove stati membri Ue: Italia, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Polonia, Portogallo, Romania e Spagna, e due extra Ue: Gran Bretagna e Svizzera. Una grande quantità di dati, tale da permettere di delineare un quadro accurato e attendibile delle cosiddette intenzioni di voto. Se un tempo però gli arrabbiati esprimevano il voto di protesta, anti-sistema, oggi il rischio è che a “vincere” saranno i delusi, quelli disamorati dalla politica e dalla Ue come istituzione, che non ci vanno proprio a votare. In tale ottica, due dati la dicono lunga: il 31 per cento degli italiani non vuole votare perché accusa il sistema; il 16 per cento non sa più distinguere destra e sinistra. Il voto anti-sistema dunque diventa il non-voto. E la confusione generata dai programmi dei partiti è l’effetto di agende politiche sempre più lontane dalla realtà, dalle istanze dei cittadini. Prendiamo il cosiddetto “green deal”, con tutte le politiche Ue incentrate su progetti e programmi che sarebbero un bagno di sangue per gran parte degli europei – la macchina elettrica è una roba ancora da ricchi: in Italia non è affatto sentita come una priorità. Anzi, a leggere i dati della ricerca, gli italiani, assieme ai portoghesi, sono i più preoccupati per la crisi economica globale (34 per cento contro una media europea del 21 per cento). Mentre i tedeschi, per esempio, sono gli europei più preoccupati dall’immigrazione (31 per cento). Tornando in Italia, la crisi economica è seguita dalla crisi climatica (21 per cento), dal Covid (20 per cento) dalla crisi migratoria (10 per cento) e dalla guerra in Ucraina (7 per cento). A voler essere precisi, la pandemia e il conseguente lockdown hanno fortemente contribuito ad acuire la crisi economica nei Paesi già in forte difficoltà, per cui il Covid è una concausa di ciò che più preoccupa gli italiani.
A colpire, però, è soprattutto il dato generale sui giovani. In Paesi come la Germania, la Francia o il Regno Unito, circa un terzo degli under 29 segnalano che la loro principale fonte di preoccupazione è il clima (come lo è del resto a livello europeo per questa fascia d’età). In Italia, invece, il 35 per cento degli under 29 esprime la propria ansia per la situazione economica. Il cambiamento climatico è al secondo posto, con il 31 per cento. Solo il 3 per cento dei giovani è preoccupato dalla questione migratoria. Altro aspetto interessante dei risultati del sondaggio nel nostro Paese è che, a prescindere dalla fascia d’età, quella economica resta sempre la principale fonte di ansia degli italiani. Un’ansia che, partendo dai giovanissimi, cresce con l’età per toccare il massimo nella fascia 40-49 anni (il 40 per cento) per poi scendere progressivamente per le fasce d’età più alte.

Le tribù del (non) voto in cerca di leader

Nel complesso, se le conclusioni della ricerca parlano di esito incerto delle Europee, noi facciamo giusto due conti: la crisi climatica è più sentita nell’elettorato del Pd e del M5S mentre la crisi migratoria è più sentita nell’elettorato di Lega e FdI, ma la crisi economica riguarda tutti e dovrebbe preoccupare tutti. I partiti che sapranno intercettare queste preoccupazioni e proporre politiche credibili, convincenti (seppure nei vincoli Ue), dovrebbero dunque attirare più voti.


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