PRIMA PAGINA – Il ritorno a Gaza di un popolo distrutto (anche) dal silenzio
“Io credo che ognuno di noi, se fosse nato in un campo di concentramento e da cinquant’anni fosse lì e non avesse alcuna prospettiva di poter dare un futuro ai propri figli, un avvenire, sarebbe un terrorista”. Non sono le parole di un fanatico membro di Hamas, vennero dette in una seduta del Senato, nel lontano mese di luglio del 2006, da Giulio Andreotti. In una sola breve frase, il senatore a vita riuscì a riassumere le cause che hanno alimentato e continuano ad alimentare le criminali azioni terroristiche palestinesi e che quasi vent’anni dopo hanno scatenato l’ultimo sanguinoso conflitto che, a seguito dell’attacco di Hamas e dell’immediata controffensiva ordinata dal premier israeliano Netanyahu, ha trasformato Gaza in un vero inferno, imbrattato dal sangue di decine di migliaia di vittime civili. Raccontare l’infinita storia dei conflitti fra questi due popoli è impossibile in un solo articolo giornalistico ma, per permettere di inquadrare e valutare cosa ha portato al contesto di questi mesi, è comunque necessario un succinto excursus negli avvenimenti degli ultimi due secoli. A partire dalla fine del 1800, nacque e si diffuse velocemente in Europa il Sionismo, movimento politico/religioso , in risposta all’antisemitismo ed alle repressioni, il cui obiettivo era creare uno stato ebraico ritornando in Terra Santa. Grazie al supporto del Regno Unito, anche economico, che riteneva funzionale il sionismo alle proprie mire imperialistiche ed al collasso dell’impero ottomano, nel 1918 sbarcarono in Terra Santa, allora popolata da 700 mila arabi, prevalentemente mussulmani, i primi 60.000 ebrei. Al termine del secondo conflitto mondiale, la neonata Organizzazione delle Nazionali Unite approvò la Risoluzione 181 che separava il territorio, destinandone agli ebrei il 55%, Israele, ed agli arabi il 45%, la Palestina, anche se questi ultimi rappresentavano quasi i 2/3 della popolazione. Dopo un tentativo fallito di una guerra di cinque stati arabi contro gli israeliani, il territorio sotto il controllo ebraico salì al 78% e continuò a crescere a danno dei palestinesi, mentre 700 mila arabi vennero espulsi da Israele. Dal 1967 in poi un susseguirsi di risoluzioni ONU continuò a dichiarare illegittima l’occupazione dei territori e gli insediamenti israeliani in Palestina. Nel 2021, a seguito dell’escalation di violenze reciproche, l’ONU ribadì che Israele non poteva appropriarsi dei territori occupati, richiedendo di porre fine all’occupazione ed all’ espansione della stessa, considerando che il controllo dello spazio aereo e delle acque territoriali, dei valichi di confine, delle infrastrutture, del rilascio dei documenti anagrafici corrispondesse ad una occupazione di fatto. Inoltre raccomandava alla politica israeliana la cessazione delle limitazioni alle importazioni (per alcuni beni del tutto vietate), alla fornitura di energia elettrica, di acqua potabile e di forniture ospedaliere, che avevano portato la popolazione di Gaza in condizioni socio economiche ed umanitarie disastrose. Raccomandazioni totalmente inascoltate. Il 7 ottobre 2023, Israele, paese dotato dei più avanzati e sofisticati mezzi di controllo e spionaggio e di difesa dello spazio aereo, subisce inerme l’attacco dei terroristi di Hamas, la presa in ostaggio di 250 israeliani e patisce 1.200 vittime, quasi tutte fra i civili. La risposta di Israele ridurrà Gaza in un cumulo di milioni di tonnellate di macerie, provocando – secondo la Sanità di Hamas – oltre 46.000 vittime, di cui più di 1/3 bambini, più di 100 mila feriti, più di 10 mila dispersi. Su una popolazione di 2,2 milioni di abitanti, gli sfollati saranno 1,9 milioni. Gli impianti di depurazione vengono distrutti, l’acqua non è più potabile. Manca l’energia elettrica, gli aiuti umanitari vengono in gran parte bloccati, manca il cibo, mancano i medicinali. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, già nel gennaio 2024 denunciava che solo 15 dei 36 ospedali di Gaza erano ancora parzialmente funzionanti, più di ottanta ambulanze avevano subito attacchi. Nel rapporto presentato all’assemblea delle Nazioni Unite il 18 novembre 24 dalla Commissione istituita da anni per monitorare il conflitto, si legge: “Attraverso l’assedio di Gaza, l’ostruzione degli aiuti umanitari, insieme ad attacchi mirati ed uccisioni di civili ed operatori umanitari, Israele sta intenzionalmente causando morte e gravi ferite, usando la fame come metodo di guerra”. Ed anche: “Distruggendo i sistemi vitali di acqua, servizi igienici e cibo e contaminando l’ambiente, Israele ha creato un mix letale che infliggerà gravi danni alle generazioni future”. Infine afferma: “È responsabilità collettiva di ogni stato smettere di sostenere l’assalto a Gaza ed il sistema di apartheid nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme Est”. Il 21 novembre la Corte Penale Internazionale dell’Aia ha emesso mandati di arresto contro il Premier israeliano Netanyahu e l’allora ministro della difesa Gallant per “crimini di guerra e crimini contro l’umanità”. I crimini addebitati ai leader di Hamas sono “sterminio, presa di ostaggi, stupro e violenze sessuali”. Secondo la Corte, i due israeliani sono penalmente responsabili di aver volutamente attaccato i civili e privato la popolazione di beni indispensabili per la sopravvivenza. La Corte ha ritenuto che sono stati impediti gli aiuti umanitari, provocando – unitamente alla mancanza di medicine, elettricità e carburanti – enormi carenze di acqua potabile, di cibo e di assistenza ospedaliera, con conseguente morte di civili per disidratazione e malnutrizione. E sofferenze indicibili, anche a bambini,per operazioni di amputazione senza anestesia. Queste sono le condotte criminali documentate e denunciate dai due organismi internazionali. Per la senatrice Liliana Segre “A Gaza non è genocidio”, ma crimini di guerra da ambo le parti. Chiamatelo come volete, ma a Gaza, insieme a migliaia di famiglie palestinesi sepolte sotto le macerie, è stata seppellita anche la parola “umanità”.
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