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PRIMA PAGINA – L’irresponsabilità del centrosinistra sul caso di Ilaria Salis

di Giuseppe Ariola -


“Non politicizzare il caso Salis nell’interesse di Ilaria”. Il governo italiano lo ha detto fin da subito chiedendo di non spettacolarizzare la vicenda perché questo avrebbe fatto più male che bene alla nostra concittadina arrestata in Ungheria e sotto processo con l’accusa di aver aggredito due manifestanti di estrema destra. Sulla necessità di tenere un profilo basso e di muoversi sotto traccia sono intervenuti a più riprese il ministro degli Esteri Antonio Tajani, il Guardasigilli Carlo Nordio e la stessa presidente del consiglio.

Ma niente da fare, per qualcuno la possibilità di attaccare Giorgia Meloni per questa vicenda che ha luogo nel paese del “suo alleato – questa l’accusa politica – Viktor Orbán” era troppo ghiotta per lasciarsela scappare. E così giù di randello contro il governo, additato come incapace di farsi rispettare all’estero e di non riuscire a influire a sufficienza sulla magistratura ungherese, un paese sovrano. A prescindere dal fatto che queste accuse sono state mosse da chi in Italia si diletta un giorno sì e l’altro pure in una strenua e incondizionata difesa dell’indipendenza e anche delle prerogative della magistratura, elementi che evidentemente la sinistra nostrana non ritiene debbano essere proprie anche del sistema giudiziario ungherese, il dato è che il protagonismo di certi politici italiani ha danneggiato la giovane insegnante di Monza.

E se è assolutamente comprensibile che il padre di Ilaria abbia alzato i toni e commesso qualche più che giustificabile fallo di reazione, come probabilmente avrebbe fatto qualsiasi genitore nella sua stessa situazione, questi peccati veniali – perché commessi da un papà disperato e chiaramente preoccupato per le sorti della figlia – diventano mortali se a rendersene protagonisti sono dei parlamentari diventati strumentalmente sordi agli appelli del governo circa l’inopportunità di incendiare gli animi, soprattutto quelli dei giudici ungheresi.

Eppure, l’idea di presenziare nell’aula del tribunale di Budapest durante l’udienza di Ilaria per ottenere gli arresti domiciliari deve essere sembrata un’occasione unica agli esponenti della sinistra italiana. Risultato: Ilaria resta detenuta in carcere in condizioni drammatiche. Alzare ulteriormente i toni dopo quest’ultima sentenza, dove di nuovo si è assistito alla barbarie di vedere la nostra concittadina introdotta in catene e guinzaglio, sarà sembrata un’idea geniale agli eredi di quella tradizione manettara italiana i cui esponenti si giravano dall’altra parte quando, in passato, ciò accadeva nel nostro paese a danno degli avversari politici. Risultato: il governo ungherese rivendica l’autonomia delle proprie istituzioni, nel caso specifico della magistratura. Allora, lampo di genio, candidiamo Ilaria alle elezioni europee. Risultato: qualcuno fa giungere all’orecchio della famiglia che si tratta di una scelta controproducente e a seguito di un incontro tra Roberto Salis ed Elly Schlein, la segretaria dem, dopo aver fatto filtrare l’indiscrezione, è costretta a dire che “questa ipotesi non è in campo”. Ennesimo buco nell’acqua. E’ evidente a tutti che l’Ungheria non è certamente un esempio sul fronte dei diritti e delle libertà.

Altrettanto chiaro è che il paese è un membro dell’Unione europea ed è dunque quella comunitaria la sede dove far eventualmente valere le ragioni di chi ritiene che quello di Orban sia un governo illiberale e che il sistema giudiziario ungherese lo sia altrettanto. Ma aizzare in pompa magna lo scontro istituzionale tra due paesi sovrani, oltretutto in barba a ogni principio diplomatico, vanificando gli sforzi del governo che si è invece, attivato con la delicatezza che il caso di Ilaria Salis richiede dimostra solo inadeguatezza, superficialità e irresponsabilità. L’augurio è quindi che adesso, nell’interesse della nostra connazionale, il dialogo tra Italia e Ungheria ritrovi la giusta centralità e la politica la propria dignità.


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