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PRIMA PAGINA – Varicifobia, in milioni ne soffrono: ora la svolta

di Ivano Tolettini -


La medicina padovana si conferma all’avanguardia anche nella lotta alla varicifobia, la fobia delle varici, che condiziona milioni di italiani. Soprattutto colpisce le donne, visto che un paziente su tre è femmina, con conseguenze spesso pesanti. D’accordo che è una patologia benigna, però a volte può essere prodromica a malattie più preoccupanti. Per questo curarle il prima possibile e nel minor tempo, con una tecnica assolutamente sicura, è condizione di tranquillità per chi si sottopone al trattamento chirurgico. Da qualche giorno, e ad annunciarlo è il prof. Dimitros Kontothanassis (nella foto a destra con la sua equipe), all’Istituto Flebologico Italiano di Padova, che da sempre è un’eccellenza per il trattamento delle vene varicose, è possibile essere curati con una tecnica chirurgica del tutto particolare, detta “Venclose”, una terapia endovascolare all’avanguardia. A spiegarlo è il prof. Kontothanassis, allievo della prestigiosa scuola padovana di alta chirurgia, direttore sanitario dell’Istituto Flebologico, e che ha all’attivo oltre 25 mila interventi chirurgici come primo operatore. “Il nostro obiettivo è di promuovere l’eccellenza clinica, la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica – afferma il medico di chiare origini greche, ma formatosi e trapiantato nel nostro Paese da alcuni decenni – per questo abbiamo introdotto primi in Italia la tecnica chirurgica Vencolse, e lo scorso 27 marzo nel nostro istituto abbiamo eseguito con successo il primo intervento”.

UNA PRIMA MONDIALE
L’evento descritto dal chirurgo Kontothanassis non solo è una primizia clinica nazionale, ma “rappresenta la prima volta in assoluto a livello mondiale in cui è stata eseguita un’operazione endovascolare usando la tecnica di radiofrequenza per trattare simultaneamente sullo stesso paziente un doppio distretto che consisteva in una vena grande safena aneurismatica e una vena safena anteriore di coscia varicosa”. Non c’è dubbio che nell’ambito della medicina vascolare ogni progresso rappresenta una grande opportunità per migliorare sia la qualità di vita dei pazienti che per spingere più avanti la ricerca e l’innovazione. Quello compiuto a Padova dal prof. Kontothanassis, con la collaborazione della multinazionale statunitense Becton Dickinson, proprietaria del brevetto Venclose, costituisce a suo modo un passo epocale – e non sembri esagerato l’utilizzo dell’aggettivo – per le cure vascolari. “Il fatto è – analizza il chirurgo – che l’intervento, eseguito in anestesia locale da un team di professionisti di provata esperienza dell’Istituto Flebologico patavino, segna un momento significativo nella storia della medicina perché mai prima d’ora in letteratura internazionale era stata documentata un’azione chirurgica di questo tipo, aprendo così nuove prospettive nel trattamento delle patologie venose”.

TECNICA UNICA
Le caratteristiche del metodo Venclose grazie al cosiddetto “microcratere dotato di elettrodo per radiofrequenza di ultima generazione e ad alta efficienza”, permette di trattare la vena safena aneurismatica in maniera molto rapida con la riduzione dei tempi operatori e con il miglioramento sensibile dei risultati clinici. La tipicità della nuova tecnica è che va a migliorare le metodiche vascolari già esistenti che oggi sono linea guida mondiale per curare le varici. Come detto, soltanto in Italia sono milioni le persone che ne soffrono. “Il 70% della popolazione ha segnali di malattie venosa – sottolinea il prof. Kontothanassis – , però solo il 30% le sviluppa. Le donne, com’è noto, sono colpite in una proporzione di 3 a 1 rispetto ai maschi. Questo dipende da cause come gli ormoni, le gravidanze, probabilmente una maggiore fragilità del tessuto venoso, anche se pure gli uomini sono gravati da questa patologia. La differenza è che ci badano meno, fino a quando la problematica non esplode nella sua serietà. Solo allora si muovono, ma, com’è fin troppo conosciuto, la prevenzione è fondamentale in medicina”. Di fatti in base alle statistiche le donne arrivano in uno stadio molto più precoce perché controllano la propria corporeità con maggiore sollecitudine. Le conseguenze estreme possono essere quelle di trasformare una patologia benigna in maligna, che vuol dire complicarla con trombosi, emorragie ed altro, peggiorando la qualità della vita. “Dobbiamo dire che un terzo della popolazione italiana, grossomodo tra i 15 e 20 milioni di persone, soffre di questa patologia venosa- prosegue Kontothanassis -. Va osservato poi, che non sono tanto i nuovi casi ad incidere sulla malattia, quanto le recidive, poiché ogni due-tre anni chi è stato operato deve affrontare una visita o un piccolo trattamento”. Lo stile di vita, dunque, condiziona l’insorgenza della patologia: la sedentarietà, il prolungato ortostatismo, cioè lo stare troppo in piedi, l’obesità e i difetti di postura, sono cause importanti associate alle abitudini alimentari. Il trattamento innovativo, che in pochi minuti risolve il problema, si basa su una “metodica endovascolare termica e tumescente che occlude il vaso malato distruggendolo e lasciandolo in sede senza doverlo asportare”. Dopo pochi mesi, spiega Kontothanassis, la vena trattata è assorbita dall’organismo.


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