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PROCESSO AL COVID

di Eleonora Ciaffoloni -


Non si salva nessuno: la Procura di Bergamo ha chiuso l’indagine sulla gestione della prima ondata di Covid e sono tutti indagati. L’allora premier Giuseppe Conte, l’allora ministro della Salute Roberto Speranza, ma anche il presidente della Lombardia Attilio Fontana, l’ex assessore al Welfare della Lombardia Giulio Gallera sono alcuni dei nomi che filtrano dalla chiusura delle indagini. Ma non solo politici e amministratori: nella lunga lista degli inquirenti ci sono anche il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro, il coordinatore di quello che fu il primo Comitato Tecnico Scientifico Agostino Miozzo, l’ex capo della Protezione Civile Angelo Borrelli e il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli. Non si salva nessuno, appunto. I nomi che ci erano diventati familiari durante le lunghe dirette dell’ex presidente del Consiglio e delle precise conferenze stampa sulla conta di morti e contagi, ora sono tutti insieme sulla stessa lista, che fa paura quanto – o forse di più – di un bollettino della pandemia. Per molti, l’indagine fa tremare più che per altri, poiché, alcuni di quei nomi sulla lista, sono dirigenti chiave del ministero della Salute, ancora in carica. Invece, per Conte e Speranza si prepara la trasmissione degli atti al Tribunale dei ministri. Una notizia che fa intimorire palazzi ed enti perché le notifiche di avviso di chiusura avviate dalla Guardia di Finanza nei confronti degli indagati comprendono più di un reato: epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo, rifiuto di atti di ufficio per i venti indagati. I fatti si riferiscono al primo periodo della pandemia da Covid-19, ovvero nei mesi tra febbraio e aprile del 2020, quando dalla Cina era arrivato nel nostro Paese il virus cinese che ci ha costretti a un lungo lockdown e a successive chiusure che hanno messo in ginocchio non solo il Sistema Sanitario Nazionale ma anche l’economia italiana. A fare le spese del virus nel modo più doloroso è stata la Regione Lombardia, ma soprattutto la provincia di Bergamo che ha contato, rispetto all’anno precedente, oltre 6mila morti in più, mentre ai nostri occhi riaffiorano ancora le immagini dei mezzi dell’esercito con i morti in uscita dalla città. Una tragedia su cui il procuratore aggiunto di Bergamo Cristina Rota con i pm Silvia Marchina e Paolo Mandurino, sotto la supervisione del Procuratore Antonio Chiappani hanno tirato le somme e hanno individuato tre filoni su cui indagare: la repentina chiusura e riapertura dell’ospedale di Alzano e le Rsa, la mancata “zona rossa” in Val Seriana e l’assenza di piano pandemico aggiornato per contrastare il rischio pandemia lanciato dall’Oms. Tre livelli di indagine per far luce sulle responsabilità, sulla gestione e sulle omissioni da parte di enti e personalità della politica che potrebbero, secondo gli inquirenti, aver compromesso e non tamponato l’onda del Virus. Tutte valutazioni e accertamenti, su nomi più o meno noti, che partono da una maxi consulenza firmata da Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova – e ora senatore del Pd, che riguardano tre livelli: locale, regionale e nazionale. Ci sono voluti tre anni per arrivare alla fine del Covid e delle indagini: ma i pm bergamaschi ne sono certi: “il disastro si sarebbe potuto evitare”. L’inchiesta per l’epidemia colposa, difatti, è solo all’inizio.

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