Politica

Prova pre Consiglio. L’autonomia oggi conosce il suo futuro

di Ivano Tolettini -

ROBERTO CALDEROLI MINISTRO PER LE AUTONOMIE


Il primo appuntamento formale per discutere di autonomia a palazzo Chigi è previsto oggi. La proposta di legge per l’autonomia differenziata del ministro Roberto Calderoli sarà analizzata in pre Consiglio dei ministri. Quindi se ne dovrebbe parlare nel Consiglio dei ministri di giovedì. Se questo avverrà, come sostenevano ieri sera fonti della Lega e anche la ministra per le Riforme istituzionali, Maria Elisabetta Alberti Casellati, sarà un passaggio importante, nel cosiddetto cronoprogramma, altrimenti Calderoli dovrebbe cominciare a preoccuparsi. E come lui l’intera Lega. Ma a due settimane dalle elezioni in Lombardia è credibile che la premier Meloni voglia fare un tale sgarbo ai compagni di viaggio governativo? Calderoli ieri è tornato sulla questione delle 23 materie: “Ho più volte detto che esse sono generali e generiche, io voglio spacchettarle, perché ciascuna materia diventi una serie di funzioni e ragioniamo quello che è meglio che gestisca lo Stato e quello che è meglio che gestiscano le Regioni”. Calderoli dice di avere modificato in modo sostanziale il testo della legge nel testo depositato a palazzo Chigi dopo avere ragionato con i presidenti delle Regioni. L’ultima bozza non è ancora stata reso pubblica. A cominciare dai Livelli essenziali delle prestazioni, i Lep, al centro delle polemiche soprattutto da parte dei governatori del Sud. “Vorrei che i Lep – afferma Calderoli – fossero definiti non solo per le materie che si possono trasferire alle Regioni, ma anche per quelle che resteranno allo Stato”. Nel testo si parla anche di definire costi e fabbisogni standard come condizione imprescindibile per ottenere il trasferimento delle competenze e le pre-intese con le Regioni. “Prima si prevedeva solo il passaggio in una Commissione parlamentare – aggiunge il ministro – ora invece interverrà anche l’Aula”. Dal punto di vista tecnico si chiederà un parere sullo schema del decreto secondo i regolamenti di ciascuna Camera. Alla fine il governo, secondo lo schema Calderoli, dovrà valutare la richiesta di una Regione, il Parlamento darà un parere e tornerà poi a esprimersi a maggioranza assoluta. Chi non gliele manda a dire è Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna e candidato alla segreteria Pd. «Noi avevamo chiesto al ministro in Conferenza delle regioni di ritirare la bozza che aveva portato e non era condivisa dalle Regioni, l’ha fatto, ma poi ne ha presentata un’altra che noi non abbiamo potuto discutere. Io sono sempre disponibile al confronto, ci mancherebbe, però quest’ultima proposta mi pare irricevibile». Bonaccini è andato oltre, spiegando che da cinque anni discute di autonomia differenziata con diversi governi. Ha fatto tre audizioni bicamerali ed ha detto sempre la stessa cosa. “Dico a Calderoli e al governo, che mi pare diviso sull’idea di autonomia differenziata, che se non si decidono prima e non si definiscono i cosiddetti Lep; se non si toglie la spesa storica; se non c’è una legge quadro approvata dal Parlamento per trattare tutti gli italiani alla stessa maniera; se non vengono tolte materie divisive come la scuola e la sanità, e se non viene tolta la questione dei residui fiscali che richiama la secessione più che l’autonomia, non se ne potrà fare nulla». La questione è che ci sono presidenti di Regione di centrodestra del Sud che hanno le stesse preoccupazioni di Bonaccini. “Se si vuole discutere davvero, ci si metta a sedere – tuona il governatore emiliano – , ma si riscriva con una pagina bianca davanti per evitare una discrasia e soprattutto il messaggio che si rischia di spaccare il Paese”. Ma a rispondergli indirettamente è arrivato ieri pomeriggio il ministro delle Infrastrutture e segretario della Lega, Matteo Salvini, impegnato nella campagna elettorale lombarda. “Dico che sull’autonomia il ministro Calderoli ha fatto di più lui in tre mesi che qualche chiacchierone o chiacchierona in 5 anni”. Quindi osserva ottimisticamente: “Lavoreremo d’amore e d’accordo per cinque anni, senza nessun litigio o disaccordo, ognuno manterrà la parola data e aggiungo che alla fine della legislatura avremo una repubblica federale e presidenziale, più moderna, più liberale e più democratica”. È da prendere nota. A partire dal pre Consiglio sull’autonomia.


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