Cultura & Spettacolo

Pulcinella, maschera senza tempo

di Redazione -


di MICHELE ENRICO MONTESANO
Digitando Pulcinella su internet e aprendo il primo risultato, Wikipedia, c’è scritto: “derivato da Puccio d’Aniello”. Nulla di più sbagliato. Quest’etimologia deriva dall’abate Ferdinando Galiani, letterato ed economista del ‘700. Secondo il racconto del teatino, il contadino Puccio d’Aniello “aveva un volto caricato, cioè il naso lungo e la faccia annerita dal sole” rispose per le rime a una compagnia teatrale che passava per Acerra. “Era un uomo assai faceto, e di spirito arguto. Sicché avvenne che i commedianti si misero a frizzar lui particolarmente, ma egli maggiormente crebbe nei motteggi e nelle baje”. Questa leggenda è superata. La critica è concorde nell’affermare che Pulcinella derivi da pullicino da polliceno, voce latina che deriva da pullus gallinaceus. Anton Francesco Gori riconduce il Maccus dell’Atellana in una figura ritrovata sull’Esquilino e conservata nel museo di Alessandro Capponi. A sostegno di ciò Pietro Coccoluto Ferrigni scrive “la esatta descrizione della figurina ritrovata sull’Esquilino è più che sufficiente a dimostrare la filiazione legittima del nostro Pulcinella dal personaggio delle antiche Atellane”, rispondendo a Magnin che rivendicava l’autenticità e autonomia del Polichinelle del Teatro burattinesco francese come qualcosa di originale e autoctono. Pollicino in dialetto napoletano significa pulcino, il cui diminituvo è proprio polliciniello. Tutto riconduce l’etimologia all’animale. Infatti anche la maschera ricorda un pulcino: gli occhi tondi, la voce stridula e il naso pronunciato che ricorda un becco. Pollicino, però, è anche un cognome molto frequente. Martinello de Pollicino appare nel 1254 negli Statuti di Bologna citati da Frati. Fainelli parla di un Pulcinella Dalle Carceri, vissuto a Verona dopo la metà del XIII secolo, raccogliendo informazioni sulla sua vita e riconducendo l’origine della maschera a questo personaggio storico che lui stesso definisce “stravagante” e “scaltro”. Ezio Levi, si imbatté in una poesia del ‘300 di Giovanni De Bonis:
“quest’alta ucella nobile e decora
che fu da questi divi si orata
per tucto era scacciata
co’ nibio perseguendo i pulcinelli
perché voltan mantelli
e mutansi di senno in ora in ora”
Secondo il filologo questo sarebbe un accenno esplicito alla maschera teatrale, in cui nei versi intravedeva il carattere leggero, volubile e ribelle. La poesia tratta infatti della discesa dell’imperatore per punire i ribelli. Renier avalla la tesi di Levi definendola “d’importanza straordinaria, perché sconvolge tutte le ipotesi recenti sull’origine di quella maschera”. Ne seguirà una bagarre filologica tra Benedetto Croce, contro Levi e Renier, e Fainelli che userà la poesia di De Bonis a sostegno della chiara fama che aveva assunto, a suo dire, Pulcinella Dalle Carceri. Quel che è certo, è che questo nome circolava ed era in uso da molto tempo. La maschera di Pulcinella è per sua natura oscura, nera. La difficoltà nel tracciare una storia univoca sulla sua nascita ne connota ancor di più il fascino e forse ne fa gioco drammaturgico:
“Pulicinella non muore mai. Voi potete impiccare un corpo, ma lo spirito di Pulcinella, che è l’anima di un popolo, rimane qua” risponde da dietro la maschera Eduardo de Filippo al re, nel film “Ferdinando I, Re di Napoli”.
Gli accademici tendono ad apprezzare di più un’elaborata teoria filologica rispetto alla semplicità delle cose.


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