E’ di questi giorni la notizia che l’Arabia Saudita ha liberato, dopo quasi tre anni di carcere, una delle più famose attiviste per i diritti delle donne di quel Paese: Loujain al Hatlout.
Si ricorderà anche, perché la vicenda potrebbe essere collegata, che Matteo Renzi rinviò ad una conferenza stampa la spiegazione sui motivi del suo viaggio a Ryad, a crisi di governo risolta
Avendola – lui – provocata, sarebbe stato più logico evitare quelle 48 ore saudite. Ma, come si dice, “maiora premebant”. Certamente il cachet di 80 mila dollari, ma forse anche qualcosa di meno venale.
E la notizia che l’Arabia Saudita abbia liberato in questi giorni la giovane attivista fa pensare che il segretario di Italia Viva, ovviamente già a conoscenza delle intenzioni del principe saudita Mohammed bin Salman, attendesse proprio questa notizia per “arricchire” con i giornalisti la “mission” saudita e “annacquare” i termini della consulenza. Per intestarsi il merito anche della liberazione della donna? Certamente rientrerebbe nel suo stile. Non a caso da ragazzo Matteo Renzi veniva etichettato come ”il Bomba” di Rignano . Una “marchio” che si guadagnò sul campo perché fin da giovane aveva l’ambizione di primeggiare sempre, anche a costo di ingigantire i propri racconti. E da adulto la storia ci dice che non è cambiato. Vero è che il rilascio di quella che era diventata in Arabia Saudita il simbolo dei diritti femminili è avvenuto soprattutto per la volontà del neo presidente Usa Joe Biden di rivedere la vendita di armi ai Paesi del Golfo e togliere il sostegno alle operazioni militari saudite in Yemen. Come dire, caduto Trump, la musica anche nel mondo arabo è cambiata. Ma come escludere che sulla decisione non abbia influito anche il nostro Matteo? Tra una domanda nel “suo” inglese e la risposta in arabo del principe?
Quando vuole, Matteo riesce anche ad essere un… costruttore!
PdA