Punture di spillo SALVINI, BORGHI E BAGNAI. LA FAVOLA DI TRE… EUROPEISTI !?!
Matteo Salvini a Roma
Un tempo, ai bambini per tenerli buoni, si raccontava la favola di Qui Quo Qua o dei tre porcellini. Oggi, con gli italiani alle prese con una crisi sanitaria, economica e sociale senza precedenti, la fiaba si evolve e i tre protagonisti dei nostri sogni infantili prendono le sembianze meno rassicuranti di Salvini, Borghi e Bagnai diventati – per amore del Paese – tre europeisti… convinti. Almeno questo si sforzano di far credere. In realtà, se ricordiamo tutto quello di antieuropeo che in questi anni è uscito dalle loro bocche, i Tre assomigliano di più alla Banda Bassotti alle prese con il colpo del secolo: spartirsi il tesoro che l’Europa sta per mettere a disposizione dell’Italia.
Ed ecco che la Lega, folgorata sulla via di Mario Draghi, ha messo il silenziatore a Borghi e a Bagnai, mentre Matteo Salvini ha lasciato nel guardaroba le felpe per indossare una più rassicurante giacca e cravatta. Ma il buon Matteo deve sperare che Super Mario creda che questo cambio di passo del Carroccio sia reale e non gli chieda conto delle magliette con la scritta “Basta Euro”, le promesse di radere al suolo i campi rom, di sparare sui barconi dei disperati e castrare i delinquenti. Oppure si ricordi dei casi Gregoretti e Open Arms, le offese a Carola Rackete, le affermazioni sui porti chiusi per stroncare l’immigrazione.
Tutto un “armamentario” che è cinicamente servito al segretario della Lega – con un corredo di santini e vangeli – per salire nei consensi, per ora virtuali perché basati solo su sondaggi. E in proposito non sarà male ricordargli – per continuare a fargli “respirare” aria di destra – Giorgio Almirante secondo il quale “le piazze piene (oggi diremmo appunto sondaggi) non sono voti nell’urna”. Il Salvini “mani, cuore, piedi e cervello in Europa” di questi giorni, neanche un anno fa definiva Bruxelles “un covo di serpi e di sciacalli” o il 27 marzo, in piena pandemia, prometteva: “prima sconfiggiamo il virus, poi pensiamo all’Europa e, se serve, salutiamo. Senza neanche ringraziare”. E il mese dopo, il 9 aprile, lanciando l’idea di un referendum come nel Regno Unito, affermava che “se l’Europa è fame, morte e sacrifici, non è il futuro che dobbiamo lasciare ai nostri figli”. Ma le fiabe, si sa, finiscono con un “…e tutti vissero felici e contenti”. Sarà il caso di Salvini Borghi e Bagnai? L’Italia se lo augura e l’interrogativo è d’obbligo!
PdA
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