Politica

Punture di spillo SALVINI COL PIEDE IN DUE STAFFE S’INVENTA LA DESTRA DI GOVERNO

di Redazione -


Sapevamo che c’era un governo di unità nazionale sponsorizzato dal Colle con tutti dentro, tranne Giorgia Meloni. Ci siamo sbagliati. Salvini, campione acrobazie politiche, c’informa che nell’Esecutivo guidato da Mario Draghi c’è una “destra di governo”. Per gli addetti ai lavori un comodo … poltronificio, per lui un escamotage per fare più parti in commedia: frenare l’ascesa di Fratelli d’Italia e della Meloni, non  “irritare” Draghi (anche se l’ha già fatto)  e continuare a tenere sotto schiaffo Roberto Speranza ma senza sfiduciarlo. Un tatticismo da vecchio partito di opposizione più che di maggioranza. La conseguenza, diversamente, sarebbe l’uscita dal governo. Ma questa “carta”  Salvini se l’è già giocata l’ 8 agosto del 2019, al Papeete, lasciando il governo con i grillini, e ne è uscito con le osa rotte. Aveva tutto e in un giorno solo ha perso tutto. Soprattutto ha deluso il “suo” Partito, i ceti produttivi del Nord e buona parte di elettorato che, per usare un eufemismo,  non lo ha compreso. La lezione evidentemente gli è servita ed oggi si guarda bene dal tornare all’opposizione anche perché, alla vigilia del passaggio parlamentare, Mario Draghi è stato chiarissimo pretendendo lealtà da parte della sua maggioranza e avvertendo che non sarebbero stati tollerati altri “distinguo” dopo quello sul decreto riaperture. “Di scuola” il tentativo di salvare la faccia con la richiesta di una commissione d’inchiesta sulla pandemia. Una commissione che non potrà che essere istituita quando il virus sarà sconfitto. Quindi, tra qualche anno e a legislatura conclusa. Del resto, a memoria di cronache parlamentari, non si ricordano commissioni d’inchiesta che abbiano negli anni raggiunto un qualche risultato. Ma per il segretario della Lega è stato un espediente per coprire una “retromarcia” che ha fatto letteralmente infuriare la Presidente di Fratelli d’Italia. E siamo alla vigilia di importanti elezioni amministrative in grandi città come Roma, Milano, Torino e Napoli dove la Destra potrebbe vincere solo se unita e con candidati comuni! 

E poi ci sono i 248 miliardi in arrivo dall’Europa per i quali, si chiede candidamente Salvini, “meglio stare fuori a guardare oppure lottare all’interno del governo”?

Vero che il segretario della Lega – ricordiamolo ex Nord – li vorrebbe “gestire” con i criteri della vecchia politica. Bisogna vedere se Draghi e l’Europa glielo  consentiranno…

PdA


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