Putin e Trump ad Anchorage: speranze per la pace in Ucraina
Il vertice ha rilanciato il dialogo sulla guerra, segnando un ritorno al multilateralismo e aprendo la strada a futuri negoziati
Il vertice di Anchorage tra Putin e Trump ha rilanciato il dialogo sulla guerra in Ucraina, segnando un ritorno al multilateralismo e aprendo la strada a futuri negoziati. Pur senza un cessate il fuoco immediato, i progressi diplomatici creano nuove speranze di pace, con un possibile prossimo incontro a tre con Zelensky.
Il contesto del vertice di Anchorage
Il vertice di Anchorage tra Vladimir Putin e Donald Trump si è concluso con dichiarazioni prudenti e senza annunci eclatanti, ma potrebbe rivelarsi uno snodo decisivo nella complessa partita diplomatica legata alla guerra in Ucraina. Un incontro dai contorni ancora opachi, ma denso di segnali, simboli e possibilità.
Le dichiarazioni di Domenico Vecchioni
Già ambasciatore d’Italia, lo storico Domenico Vecchioni ha commentato a caldo l’esito del summit: «Il vertice di Anchorage è stato un successo per entrambi i protagonisti. Putin ha riacquistato credibilità e prestigio internazionali. Trump, dal canto suo, ha consolidato il proprio ruolo di mediatore, di uomo di pace, tanto da sentirsi dire da Putin che se nel 2022 ci fosse stato lui al comando degli Usa, invece di Biden, la guerra non sarebbe mai cominciata. Un riconoscimento reciproco di stima e apprezzamento. Quanto alla sostanza dei colloqui – in particolare per quanto riguarda l’Ucraina – poco si sa. I due capi di Stato hanno solo dichiarato che progressi significativi erano stati compiuti, che intese erano state raggiunte su diversi punti in agenda, ma che alcune questioni rimanevano in sospeso in attesa di conoscere il parere dell’Ucraina e dell’Ue. Quest’ultima considerazione mi pare molto significativa. Marca cioè un certo ritorno al multilateralismo, dopo tanto bilateralismo esasperato. Trump implicitamente ha riconosciuto che non si possono prendere decisioni sull’Ucraina senza l’Ucraina stessa e l’Ue, che tanta parte ha avuto e ha nel conflitto. In definitiva, se il vertice non ha prodotto il tanto atteso cessate il fuoco, si può però dire che ha posto le basi perché avvenga. Insomma, se son rose fioriranno. E spetterà ai “giardinieri” di Kiev e Bruxelles farle fiorire. Per il momento, dunque, la guerra continua, i negoziati di pace pure. Il prossimo vertice dovrebbe essere a tre: Trump-Putin-Zelensky».
Il ruolo delle superpotenze nel conflitto ucraino
L’incontro, tenutosi lontano dalle luci troppo dirette della ribalta internazionale, ha permesso ai due leader di presentarsi sotto una nuova luce: Putin, in cerca di legittimazione sul piano globale dopo anni di isolamento; Trump, che ha rafforzato la propria immagine come protagonista chiave della diplomazia internazionale, capace di incidere direttamente sulle dinamiche del conflitto.
In questo contesto, appare però inutile puntare il dito soltanto su Trump e Putin. È evidente che un incontro di questa portata debba necessariamente partire dalle superpotenze. Russia e Stati Uniti restano infatti i principali attori globali con la capacità reale di influenzare , direttamente o indirettamente, l’evoluzione della crisi ucraina. Negare questo elemento significa ignorare le dinamiche geopolitiche fondamentali che muovono il conflitto.
Il ritorno al multilateralismo
E proprio qui si inserisce un altro elemento centrale dell’analisi di Vecchioni: la consapevolezza, da parte di entrambi, che non si possa chiudere la partita ucraina senza tener conto dell’Ucraina stessa, né dell’Unione europea. «Trump implicitamente ha riconosciuto che non si possono prendere decisioni sull’Ucraina senza l’Ucraina stessa e l’UE, che tanta parte ha avuto e ha nel conflitto. Questo -sottolinea Vecchioni – marca un certo ritorno al multilateralismo, dopo tanto bilateralismo esasperato».
Prospettive per il cessate il fuoco e i prossimi passi
Sui contenuti specifici dell’intesa, regna ancora una certa riservatezza. È stato dichiarato che “progressi significativi” sono stati compiuti e che “intese sono state raggiunte su diversi punti dell’agenda”, ma alcune questioni rimangono aperte, in attesa di consultazioni con Kiev e Bruxelles. Il che suggerisce che, pur in assenza di un accordo definitivo, il confronto abbia prodotto una cornice negoziale nuova, o almeno la volontà condivisa di esplorarla.
Non è il cessate il fuoco atteso da molti, ma è forse qualcosa di più importante: la possibilità concreta che quel cessate il fuoco possa essere costruito, passo dopo passo, con il contributo di tutte le parti coinvolte. «Se son rose fioriranno», conclude Vecchioni. «E spetterà ai giardinieri di Kiev e Bruxelles farle fiorire». Un’immagine efficace, che richiama l’idea di una pace non calata dall’alto, né frutto di imposizioni, ma costruita pazientemente con diplomazia, ascolto e responsabilità condivisa.
Per ora la guerra continua. Ma continuano anche i negoziati. E il prossimo appuntamento potrebbe essere decisivo: un nuovo vertice, questa volta a tre, con Trump, Putin e Zelensky seduti allo stesso tavolo. Sarà davvero la svolta? O solo un altro passaggio in un lungo e incerto cammino verso la pace?
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