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Quel conflitto iniziato nel 1990. Le parole del Papa e il bluff Nato

di Redazione -

GIANLUCA FERRARA POLITICO


di GIANLUCA FERRARA
È trascorso un anno da quando il presidente russo Putin ha aggredito l’Ucraina. In questi giorni giornalisti, opinionisti e politici ricordano questo triste anniversario che, inevitabilmente, palesa la rottura di un argine geopolitico di dimensioni epocali.
In realtà la guerra in Ucraina non è corretto datarla al 24 febbraio del 2022 e nemmeno nel 2014 con la “destituzione” del presidente ucraino Viktor Janukovyč reo di non aver sottoscritto l’accordo di associazione e libero scambio con l’Unione Europea. Una scelta che generò immediate e furibonde manifestazioni di piazza sostenute dalle diplomazie occidentali con persino la partecipazione ad “Euro Maidan” di John McCain, ex candidato repubblicano alla presidenza Usa. Le origini di questa guerra risalgono al 1990, quando James Baker, segretario di Stato del presidente George H. W. Bush, assicurò il presidente Mikhail Gorbaciov che la NATO non si sarebbe mai estesa oltre la linea della vecchia cortina di ferro. Oggi quasi tutti i Paesi appartenenti all’ex Patto di Varsavia sono entrati nella NATO. Papa Francesco in riferimento all’avanzamento della NATO verso Est e la reazione russa, ha sostenuto: «Cos’ha scatenato questa guerra? Probabilmente l’abbaiare della NATO alla porta della Russia… Un’ira che non so dire se sia stata provocata, ma facilitata forse sì».
Sia chiaro: l’espansionismo della NATO e la conseguente “sindrome di accerchiamento” russa, non giustificano l’aggressione militare di Putin che ha violato le regole basilari del diritto internazionale. Come del resto è stato fatto in Afghanistan, Iraq e Libia. Ma ricordare dei fatti, tentare di comprendere le azioni dell’altro, avere un approccio analitico, non equivale ad essere filo putiniani. In quest’anno la propaganda mediatica nel nostro Paese è stata davvero imbarazzante, a tratti squadrista.
La vera domanda da porci cosa si è fatto per costruire la pace in questi 365 giorni? La riposta è: nulla. Si persevera con la folle idea di voler sconfiggere militarmente un Paese che è dotato di circa 6000 ordigni nucleari e che sta combattendo una “guerra esistenziale”. L’Occidente ha fatto davvero poco per perseguire la strada della diplomazia, si continua a ipotizzare di risolvere tale dramma (specie per gli ucraini) inviando armi sempre più micidiali.
La situazione è davvero drammatica. Coloro che si trovano al vertice decisionale sembrano cicatrizzati in una postura bellica che, passo dopo passo, ci sta facendo precipitare nel baratro della Terza guerra Mondiale. Sono personaggi inaffidabili, incapaci di prospettare una via di uscita credibile. In primis Putin, ma anche Biden, la Von der Leyen e Zelensky che, se fosse sempre stato ascoltato nelle sue richieste, l’apocalisse nucleare sarebbe già diventata una realtà.
Ma ciò che dovrebbe far riflettere è che mentre la Russia, l’Ucraina e gli Usa perseguono i loro interessi geopolitici ed economici, l’Europa è totalmente succube, incapace di avere una linea autonoma che sia conveniente ai Paesi che ne fanno parte. L’autolesionismo europeo, l’incapacità di essere un soggetto politico forte ed indipendente è un dato oggettivo, inquietante, che tradisce gli alti ideali dei suoi fondatori. Ai valori di libertà, accoglienza e democrazia che un tempo caratterizzavano e univano i Paesi occidentali, sembra che oggi, l’unico collante rimasto, sia quello bellicista. Del resto, le esorbitanti spese in armamenti ne sono testimonianza. La speranza temo non possa giungere dall’alto: serve una forte richiesta popolare, che parta dal basso, in grado di pretendere un cessate il fuoco e lo stop all’invio di nuove armi. La pace, ogni cittadino deve conquistarla e difenderla. Non è il tempo della pavidità, ma del coraggio, anche perché se è vero che una manciata di potenti lottano tra loro, a pagarne le conseguenze sono tutti i popoli, senza distinzione.

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