Attualità

Quella palma della pace

di Andrea Canali -


Circa 60mila fedeli presenti in piazza San Pietro, i quali ascoltano il racconto evangelico con la condanna a morte di Gesù. Arriva il momento per Francesco di pronunciare l’omelia, ma il Papa a sorpresa, essendo affaticato, non legge il discorso (accadimento storico) quindi si raccoglie in silenzio per alcuni minuti a pregare. Infatti, il Santo Padre che indossa i paramenti rossi della Pasqua, simbolo del sangue versato da Gesù avvicinandosi la Passione, non ha abbastanza voce dopo la bronchite e gli stati influenzali che lo hanno destabilizzato quasi per tutto l’inverno. Come prendere il discorso non letto in virtù del silenzio al momento della Sala stampa Vaticana in merito, può considerarsi sicuramente non essendo stato lo stesso neanche divulgato, conseguentemente, come “non esistente”. A fine messa come di solito però, il Pontefice saluta i partecipanti alla messa e i fedeli tutti, facendo il consueto e apprezzato giro in macchina della Piazza.
Tornando ora al significato profondo della Domenica delle Palme è e rimane nell’immaginario di ognuno di noi un momento importante ed edificante, quasi romantico, pensiamo a quanti di noi da bambini ricorderanno il fatto di essere andati almeno una volta a prendere “la palma benedetta”, nella propria parrocchia. Partendo da questo semplice ma autentico assunto, quasi ancestrale, ricordiamo da dove prende spunto tale usanza, ossia, dal racconto dell’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme che viene riportato anche dai vari Vangeli, menzionando la folla che sventolava dei rami, mentre nel Vangelo di Giovanni, vengono citate esplicitamente le palme. Questo accadimento non può non ricordare e richiamare la festa ebraica di Sukkot, conosciuta come la “Festa delle Capanne”, durante la quale i pellegrini affluivano a Gerusalemme per salire al tempio in processione. Ognuno portava con sé un lulav, un fascio di rami di tre alberi: la palma, simbolo della fede; il mirto, simbolo della preghiera che sale al cielo; e il salice, raffigurante simbolicamente il silenzio davanti a Dio (un po’ come ha fatto il Papa domenica scorsa). Questi rami venivano legati insieme con un filo d’erba, e spesso si aggiungeva anche una specie di cedro, rappresentante il buon frutto per Israele. L’andamento dei pellegrini era accompagnato dalle invocazioni di salvezza, con il grido “Osanna” che significa in ebraico appunto, “salva”. Questo era un momento di festa e di richiamo alla liberazione dall’Egitto, quando il popolo ebraico, dopo il passaggio del Mar Rosso, aveva vissuto per quarant’anni in capanne nel deserto. E durante la festa di Sukkot doveva essere il momento in cui il Messia atteso e promesso si sarebbe dovuto manifestare. Come è noto così avvenne con Gesù quando fece il suo ingresso a Gerusalemme, la capitale della Palestina, umilmente in sella alla sua asina. Quindi, la liturgia della Domenica delle Palme è legata al periodo pasquale e cade durante la Quaresima e termina con il Giovedì Santo (si presuppone che Francesco si sia risparmiato anche per garantire gli altri impegni programmati, in quanto proprio oggi dovrebbe celebrare messa al carcere femminile di Rebibbia).
Certamente visti i vari fronti di guerra aperti che globalmente vanno a violare l’umanità ferita, dall’odio di fratelli contro altri fratelli, il significato della Palma in quanto segno di pace e speranza per l’umanità acquisisce ancora più importanza nell’ottica di scongiurare una terza guerra mondiale, che sembrerebbe quasi alle porte come ha affermato recentemente Papa Francesco: “Nel mondo vi è una terza guerra mondiale a pezzi”. Tornando alla centralità del rito di tale domenica, i fedeli finita la messa portano a casa i ramoscelli di ulivo benedetti, che vengono regalati come simbolo di pace a parenti ed amici.
Ebbene, sicuramente possiamo dire che della Pace, oggi, nel mondo, ce ne sarebbe proprio bisogno, perché siamo come afferma il Sommo Pontefice, “Fratelli tutti”.


Torna alle notizie in home