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Quell’asino di un Dottore: tra le prime 50 università europee solo un’italiana

di Francesca Chaouqui -


E’ impietosa la classifica delle università europee: il nostro Paese piazza fra le prime 50 solo il Politecnico di Milano.

E’ impietosa per l’Italia la classifica di QS-Quacquarelli Symonds, esperti mondiali della formazione universitaria e manageriale, sulle università europee. Il nostro Paese piazza un solo ateneo tra i primi 50, vale a dire il Politecnico di Milano, che rientra nella prestigiosa classifica per un soffio, occupando la 47esima posizione. E’ vero che ci sono altre 12 classifiche con altrettante sotto-categorie che mettono in luce qualche eccellenza sparsa lungo lo stivale, ma il dato assoluto ci dice che la formazione e l’offerta accademica italiana sono in forte sofferenza.
La prima classifica QS delle migliori università d’Europa vede in cima alla lista l’Università di Oxford, seguita dal Politecnico di Zurigo e dall’Università di Cambridge. Il Regno Unito domina, con 107 Università classificate, mentre la Turchia e la Germania seguono con 73 e 53 rispettivamente. L’Italia si posiziona al quarto posto in Europa per numero di università, solo 51, seguita immediatamente dalla Francia con una in meno.
Fatta questa premessa, non si può non rilevare che tra le prime 200 università europee, 16 sono italiane tra quelle che godono di una favorevole reputazione all’interno della comunità scientifica internazionale. Ad eccellere la Sapienza di Roma e Bologna che addirittura si piazzano tra le prime 20. Mentre la reputazione degli atenei del Belpaese cala tra i datori di lavoro, che apprezzano solo 10 università italiane, tra cui il Politecnico di Milano che occupa la 20esima posizione assoluta. Il dato si apre a più riflessioni sulla capacità del sistema universitario italiano di rendere appetibili i propri iscritti rispetto al mondo del lavoro. In buona sostanza si può giungere alla conclusione che un titolo di studio di livello universitario, conseguito presso una Facoltà del nostro Paese, non riesce ad essere mezzo privilegiato per ottenere un posto di lavoro in linea con il percorso formativo, soprattutto oltre i confini nazionali.

Come dicevamo, non bisogna nemmeno vedere tutto nero. Le eccellenze non mancano, anche al sud, dove troviamo il Politecnico di Bari che si distingue per la produttività dei suoi ricercatori. L’attività pubblicistica e di ricerca dunque, permettono all’ateneo pugliese di brillare nella particolare classifica. Ma in questa particolare classifica l’Italia brilla in maniera decisa, occupando ben 25 posizioni tra i primi cento posti, superando nettamente Francia e Germania, che registrano 13 atenei ciascuno in questa fascia. Anche considerando le prime 200 università secondo questo criterio, l’Italia si conferma
leader con 42 atenei classificati, davanti al Regno Unito e alla Germania.
Ma anche in questo caso il dato va letto con attenzione perché c’è margine di miglioramento in termini di impatto e rilevanza della ricerca prodotta. Per questo indicatore, solo l’Università Vita-Salute San Raffaele rientra tra le prime cento in Europa. Dunque si fa ricerca, ma il rischio è che rimanga fine a sè stessa.
Le classifiche ovviamente risentono delle premesse con cui vengono stilate, e anche questa potrebbe dar luogo a contestazioni, distinguo e precisazioni. Ma rimane comunque un metro di paragone con il sistema formativo degli altri Paesi e ci dice che siamo indietro. Ed è su questo che bisogna riflettere: il sistema universitario italiano presenta sicuramente delle punte di eccellenza notevoli, ma sta virando sempre più verso offerta dozzinale dei percorsi di studio. A distanza di 20 anni va ripensato anche il sistema 3+2 che ha solo moltiplicato i corsi di studio senza aggiungere qualità all’offerta formativa. Piuttosto ha avuto il demerito di abbassare il livello qualitativo dell’istruzione universitaria a favore di una produzione di diplomi accademici buoni sono per i biglietti da visita.


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