Cultura & Spettacolo

Quell’Horto tra i tetti di Milano

di Nicola Santini -


Una filosofia che si basa non solo sul kilometro zero, ma in buona sostanza sul kilometro orario.
Si chiama Horto ed è uno degli indirizzi milanesi più gettonati del momento, in un rooftop dei più suggestivi della città, quello del Medelan. Garante del progetto, il cui obiettivo è creare un nuovo modello internazionale di rispettosa sinergia tra cucina e territorio, è lo chef altoatesino Norbert Niederkofler, alla direzione strategica ed operativa del ristorante con la holding Mo-Food.
Gli ingredienti di questa cucina che va fiera di appartenere alla filosofia dell’ora etica sono tutti provenienti da produzioni e raccolti a non più di un’ora da Milano. Il menu è quindi volto a valorizzare il territorio e le sue espressioni stagionali, i prodotti tipici e la cultura locale.
Si mangia à la carte a pranzonella versione bistrot, la sera il menu lo decide la casa ed è un simposio di 5 portate. Una proposta tutto sommato interessante perché consente di scegliere su quale binario partire. Entrambe le soluzioni, devo dire, soddisfano il palato, ma anche la voglia di conoscere e sperimentare, unita alla celebrazione della tradizione più rigida, che non delude affatto, pur flirtando abbondantemente con nuove suggestioni.
Avvicinandoci alla primavera è pregustabile un’ampia, ampissima terrazza, che a Milano è praticamente oroe che è l’anticamera di un’ondata di luce che accoglie gli ospiti nelle due sale da pranzo di giorno, che, confesso, è il momento che io preferisco in questo ristorante, benché il fascino delle mille luci di Milano di sera, tra skyline, vetrine e insegne, abbia sempre e comunque il suo perché. Anche il servizio è accogliente. C’è forma, non eccessiva formalità. L’eleganza dove serve, ma anzitutto uno spirito di complicità con chi si siede a tavola. Generosi nelle descrizioni, pronti nell’accogliere desideri, i camerieri sanno fare il loro lavoro e pur non essendo, volutamente, l’ambiente casereccio, si respira quell’aria di familiarità che mette a proprio agio e contribuisce a gustare il cibo che è una vera e propria passeggiata nel gusto.
Come un po’ va di moda da un pezzo a questa parte, la cucina è rigorosamente a vista. I movimenti sifonici della brigata accompagnao i passaggi della preparazione dei piatti come una coregografia da gustare e contrastano con il design lineare, quasi immobile del resto degli spazi, caratterizzato da colori chiari e pochi fronzoli.
Sicuramente da provare è il risotto alle castagne, con scaglie di tartufo nero, ben equilibrato, giusto nei sapori, delicato ma con carattere. Mentre da non perdere assolutamente sono i ravioli del plin di cui uno vorrebbe chidere bis, tris e forse anche doggy bag. Il ripieno non è quello tradizionale: la sorpresa all’interno la da una farcia gustosa di stracchino erborinato con un ottimo carattere, lo zafferano e un olio al pomodoro che accarezza le papille gustative facendo dialogare i due sapori principali del ripieno. Il controfiletto di cervo, che viene sempre dal menu sole, è a dir poco da perdere la testa.

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