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Radiografia di un sistema che non combatte più la mafia ma è diventata solo tortura

di Redazione -

©Gianluca Pascutti


di UMBERTO BACCOLO
In concreto l’applicazione del 41bis si è trasformata in qualcosa di diverso. Feltri ha brillantemente definito “raffinata forma di tortura”. Il vero problema, però, è la sua incostituzionalità: non si può convincere le persone a confessare torturandole. Necessaria, quindi, una revisione di un istituto, visto che le sue applicazioni non hanno alcun senso dal punto di vista della tutela della comunità. Basta osservare qualche numero. A oggi sono 749 i detenuti al 41bis, dei quali solo 13 donne. Di essi, quasi 300 sono ergastolani, gli altri invece un giorno usciranno. La maggioranza sono condannati definitivi, ma ci stanno pure custodie cautelari. Quasi tutti appartengono a Cosa Nostra, Camorra e Ndrangheta, con qualche decina di membri di altre organizzazioni mafiose e solo 4 terroristi, incluso l’ormai famoso Cospito (gli altri sono irriducibili di vecchie formazioni che si trovano in carcere da lungo tempo). I 41bis stanno separati dagli altri detenuti in apposite sezioni che si trovano in 12 istituti di massima sicurezza. In 7 di questi esistono “aree riservate” per i capi supremi delle organizzazioni criminali, dove stavano Riina, Provenzano, Cutolo e dove vivrà Messina Denaro. La differenza tra aree normali e riservate è legata al tema sollevato da Donzelli per Cospito: gli incontri tra i detenuti al 41bis. Il problema di sicurezza, sul quale vale la pena riflettere, è questo: tenere una persona, anche la peggiore del mondo, in isolamento assoluto, senza poter parlare mai con nessuno, è una forma di tortura incostituzionale, inaccettabile e improponibile. Anche i 41bis con qualcuno devono parlare un’oretta al giorno. Ma con chi? Ovviamente non con detenuti comuni che avrebbero facilità a veicolare fuori dal carcere i loro messaggi, non avendo censura sulle lettere e controlli rigorosi nei colloqui coi parenti. Quindi con altri 41bis, il che ha senso: dal momento che dal 41bis è difficile uscire vivi (il regime dura 4 anni a livello teorico, con proroghe di 2 per volta, ma la realtà è che la maggioranza dei casi è prorogato in modo semi-automatico fino a fine pena, e per gli ergastolani ostativi per sempre). Per aumentare la sicurezza, se i 41bis normali possono vedere nella loro detenzione 3 altri 41bis con cui passano un’ora al giorno, sempre i soliti, scelti dalla direzione, i super boss nelle aree riservate possono vedere solo un’altra persona, scelta non tra i loro pari, ma tra i 41bis normali. Questa cosa ha mostrato la sua utilità: ricordiamoci che tutte le conversazioni dei momenti di socialità sono registrate e per questo motivo dalle intercettazioni delle chiacchiere di Riina col suo compagno d’aria abbiamo scoperto cose che altrimenti mai avremmo saputo, senza che il boss potesse Forse, più che con altri detenuti, bisognerebbe correre il rischio di far parlare queste persone di più con figli e mogli e con educatori, insegnanti e psicologi ben selezionati, in incontri non di gruppo registrati e controllatissimi dagli agenti, quindi sicuri, tendenti al far riflettere la persona sulla propria vita e farle cambiare direzione.nuocere a nessuno per il fatto che parlava con un compagno ben scelto dal DAP. Il tema però è delicato e risulta fondamentale, soprattutto fuori dalle aree, per quei 41bis non ergastolani che avranno prima o poi declassificazione e scarcerazione, una corretta selezione dei 3 compagni d’aria, e un attento ascolto delle registrazioni, per impedire che si creino connessioni tra membri di gruppi mafiosi e/o terroristici diversi tra loro, che alla declassificazione o scarcerazione senza un percorso di reinserimento di alcun tipo del primo dei quattro, incattivito dalle inutili torture subite in quel regime, si trasformino in alleanze criminali operative. La riforma dovrebbe eliminare i lati crudelmente afflittivi, puntare sul tentativo di avviare percorsi di cambiamento e rieducazione del detenuto (altro che vietare i libri, farli leggere a decine, quelli giusti, fare studiare) e porre massima attenzione al tema per cui è nato lo strumento, cioè con chi parlano i detenuti, cosa si dicono e che effetto ciò può avere per il mondo fuori dal carcere.

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