Esteri

Rafah, ultimatum di Israele: 10 giorni per liberare ostaggi

di Ernesto Ferrante -


L’operazione militare su Rafah andrà avanti come previsto, a meno che non saranno rilasciati gli ostaggi israeliani ancora nella Striscia di Gaza entro il 10 marzo, giorno di inizio del Ramadan. Lo ha dichiarato il ministro del gabinetto di guerra di Israele, Benny Gantz. “Se entro il Ramadan i nostri ostaggi non saranno a casa, i combattimenti continueranno nell’area di Rafah”, ha detto Gantz.
Nelle scorse 24 ore, 107 palestinesi hanno perso la vita e altri 145 sono rimasti feriti a causa dei raid aerei israeliani. Il numero dei morti è salito a 29.092, quello dei feriti a 69.028.
Il Qatar critica apertamente il premier israeliano Benjamin Netanyahu. “Si concentri sui negoziati” piuttosto che continuare a chiederci di fare pressioni su Hamas per il rilascio degli ostaggi, con uscite che “non sono altro che un nuovo tentativo di temporeggiare e di prolungare la guerra per ragioni che sono diventate ovvie a tutti”, ha scritto in lungo post su X il portavoce del ministero degli Esteri qatariota, Majed al Ansari, ribadendo che Netanyahu “sa benissimo che Doha è impegnata fin dal primo giorno in sforzi di mediazione, per porre fine alla crisi e liberare gli ostaggi”. Al Ansari ha respinto “categoricamente le vuote accuse mosse dal premier israeliano riguardo agli sforzi del Qatar nella ricostruzione e negli aiuti umanitari al popolo palestinese a Gaza, dipingendoli come finanziamenti ad Hamas, che lui personalmente sa essere stati portati avanti in pieno coordinamento con Israele, Stati Uniti, Egitto, le Nazioni Unite e tutte le parti interessate”. Il portavoce ha assicurato che “il Qatar continuerà i suoi sforzi di mediazione e non si farà scoraggiare da retorica e dichiarazioni che possono essere comprese solo nel contesto della fuga dalle sfide politiche personali del premier”, esortandolo “a porre fine alla tragedia della guerra in corso, invece di rilasciare tali dichiarazioni ogni volta che questo si adatta alla sua ristretta agenda politica”.
Si è aperta all’Aia la prima udienza della Corte internazionale di giustizia (Cig) per fare chiarezza sulla politica israeliana in Cisgiordania e nei Territori palestinesi occupati. Al procedimento, che durerà una settimana, prenderanno parte 52 Stati e tre organizzazioni internazionali. Ad intervenire per prima è la parte palestinese. “A Gaza è in corso un genocidio” e l’occupazione israeliana deve essere conclusa “senza condizioni”, ha affermato il ministro degli Esteri palestinese, Riyad al-Maliki. Ci sono “più di 3,5 milioni di palestinesi soggetti alla colonizzazione del loro territorio e alla violenza razzista che la rende possibile” e “1,7 milioni di palestinesi in Israele, trattati come cittadini di seconda classe nella loro terra ancestrale”, ha proseguito il ministro. Per l’Autorità Palestinese è un “obbligo morale e legale” porre fine all’occupazione israeliana. Il mese scorso la Cig aveva intimato allo Stato ebraico di prevenire il genocidio nella Striscia di Gaza e di fare tutto il possibile per proteggere i civili palestinesi.
Hamas ha respinto “la decisione criminale del ministro estremista Ben-Gvir” di Israele di “limitare l’accesso dei palestinesi nella moschea di Al-Aqsa durante il Ramadan”. La chiusura della Spianata delle Moschee ai palestinesi, secondo il movimento di resistenza islamica, promuove “la criminalità sionista e la guerra religiosa condotta dal gruppo di coloni estremisti del governo di occupazione terroristico contro il nostro popolo palestinese e la violazione della libertà di culto nella benedetta Al-Aqsa Moschea”. L’organizzazione ha chiesto “al popolo palestinese nei Territori occupati, ad Al-Quds e nella Cisgiordania occupata, di respingere questa decisione criminale, di resistere all’arroganza dell’occupazione” e “mobilitarsi, recarsi e stazionare nella benedetta Moschea di Al-Aqsa”. Non è mancato un avvertimento: “Qualsiasi danno alla Moschea di Al-Aqsa o alla libertà di culto in essa contenuta non passerà senza conseguenze”.
Il capo della diplomazia israeliana Israel Katz ha spiegato alla radio “Reshet Bet” che “qualsiasi restrizione che verrà imposta sarà per motivi di sicurezza”. Non sono stati forniti altri dettagli.
Relazioni ai minimi termini tra Israele e Brasile. Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva è stato dichiarato “persona non grata” per aver paragonato Netanyahu a Hitler. Le opposizioni si sono scagliate contro Lula.


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