Esteri

Raid a Gaza: uccisi cinque operatori di Al Jazeera

di Eleonora Ciaffoloni -


Cinque membri dello staff di Al Jazeera – due giornalisti e tre operatori – sono rimasti uccisi a Gaza in quello che l’emittente definisce un “attacco mirato” dell’esercito israeliano contro una tenda stampa nei pressi dell’ospedale Shifa, nel quartiere Rimal di Gaza City. Le vittime sono i reporter Anas al-Sharif e Muhammad Karika, insieme ai cameraman Ibrahim Zaher e Mohammed Noufal, e all’operatore Moamen Aliwa.

Fonti palestinesi parlano di almeno quattro morti e diversi feriti. Secondo le Forze di difesa israeliane (Idf), al-Sharif non era solo un giornalista ma il leader di una cellula di Hamas, coinvolto nella pianificazione di lanci di razzi contro Israele. “Agiva sotto copertura”, ha dichiarato un portavoce, aggiungendo che prove di intelligence ne attesterebbero l’affiliazione militare. Al Jazeera respinge queste accuse, definendo l’attacco un crimine contro la libertà di stampa.

Su Gaza la nuova offensiva di Netanyahu

Sul piano politico, il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha presentato la nuova offensiva su Gaza City – definita “capitale del terrore” – come la fase finale per “smantellare le ultime roccaforti di Hamas” e “liberare” la Striscia. Ha promesso corridoi umanitari e distribuzione di aiuti, respingendo le accuse di voler affamare la popolazione. “Hamas crea la crisi umanitaria, noi la preveniamo”, ha detto, attaccando l’ONU e i media internazionali per aver diffuso “propaganda” del gruppo islamista.

Netanyahu ha anche replicato alla decisione della Germania di sospendere le forniture di armi, definendo il cancelliere Friedrich Merz “un amico” ma influenzato da “pressioni esterne”. Ha ribadito che Israele porterà avanti l’operazione “con o senza il sostegno degli altri Paesi”.

Sul fronte diplomatico, il primo ministro australiano Anthony Albanese ha annunciato che a settembre l’Australia voterà all’ONU per il riconoscimento dello Stato palestinese, sostenendo che senza due Stati la pace resterà solo “temporanea”.

Intanto, in Israele, migliaia di persone sono scese in piazza a Tel Aviv e Gerusalemme contro la prosecuzione della guerra. I familiari degli ostaggi, temendo per la loro sorte, hanno indetto per domenica uno sciopero generale con lo slogan “Basta guerra”.

Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha definito il piano israeliano “un’ulteriore pericolosa escalation”, avvertendo che potrebbe aggravare una crisi umanitaria “di dimensioni inimmaginabili”.


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