Esteri

PRIMA PAGINA – Raid di Israele sugli operatori umanitari, così Netanyahu è sempre più isolato

di Ernesto Ferrante -


Israele ha superato un’altra “linea rossa”. Sono sette gli operatori umanitari della ong World central kitchen morti in un raid su Gaza. A confermare la responsabilità dell’attacco è stata la stessa Wck in una nota, nella quale si dice “devastata nel confermare che sette membri del nostro team sono stati uccisi in un raid delle Idf”. Le vittime sono di nazionalità australiana, polacca, britannica, palestinese e con doppia cittadinanza americana e canadese. Si trovavano nell’enclave palestinese nell’ambito della missione avviata insieme a Open Arms per realizzare un corridoio umanitario marittimo tra Cipro e la Striscia per far fronte alle enormi difficoltà nell’ingresso degli aiuti via terra. Il fondatore della ong, lo chef spagnolo José Andrés, sul proprio account X ha scritto: “Abbiamo perso alcuni dei nostri fratelli e sorelle in un raid israeliano su Gaza. Ho il cuore spezzato e sono in lutto per le loro famiglie, amici e l’interna famiglia di Wck”. World central kitchen ha annunciato “la sospensione immediata delle nostre operazioni nella regione”, riservandosi di prendere “presto decisioni sul futuro del nostro lavoro”. Andrés ha invitato Tel Aviv a “fermare le uccisioni indiscriminate”. Ha inoltre esortato le autorità israeliane a “smettere di limitare gli aiuti umanitari, di uccidere civili e operatori umanitari” e di “usare il cibo come arma”.
L’atteggiamento dello Stato ebraico sta iniziando a stizzire anche chi, fino a qualche settimana fa, non ne condannava apertamente gli eccessi. L’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Josep Borrell, ha invocato un’indagine, sottolineando che “nonostante tutte le richieste di proteggere i civili e gli operatori umanitari, vediamo nuove vittime innocenti”. Per Borrell quanto accaduto “dimostra che la risoluzione Onu che chiede un cessate il fuoco immediato, pieno accesso umanitario e una protezione rinforzata dei civili deve essere attuata immediatamente”.
Benjamin Netanyahu è sempre più isolato. Il ministro della Giustizia e vice primo ministro Yariv Levin, che ricoprirà ad interim il suo ruolo durante l’operazione di ernia a cui sarà sottoposto, ha un’occasione d’oro per dare un segnale politico forte, adottando qualche provvedimento importante, in aperta discontinuità con un esecutivo lacerato al suo interno e contestato nelle piazze. L’esercito israeliano ha già comunicato l’apertura di una “indagine approfondita” sugli eventi, evidenziando la sua “cooperazione e coordinamento” con l’organizzazione “per sostenere i suoi sforzi volti a fornire cibo e aiuti umanitari ai residenti della Striscia di Gaza”.
Anche a Londra la pazienza sembra essere finita. “È necessario stabilire la piena responsabilità”. Lo ha affermato il primo ministro britannico Rishi Sunak durante una visita a un asilo nido, dicendosi “scioccato e rattristato” dall’uccisione di almeno un operatore britannico. “Chiaramente ci sono domande a cui è necessario rispondere”, ha continuato Sunak.
Il team negoziale israeliano ha messo a punto una nuova “proposta” sul cessate il fuoco e gli ostaggi che sarà sottoposta a Hamas. A riferirlo sono stati i media israeliani, citando un comunicato diffuso dall’ufficio del primo ministro a nome del Mossad, secondo cui “durante i negoziati, con la mediazione efficace dell’Egitto, i mediatori hanno elaborato una proposta aggiornata da rivolgere a Hamas”.
Il governo spagnolo prevede di riconoscere lo Stato palestinese prima dell’estate. Lo ha confermato il premier Pedro Sánchez in un colloquio informale con i giornalisti che lo hanno accompagnato nel suo viaggio in Medio Oriente. Sánchez ha fatto sapere di ritenere che l’unico modo per garantire la pace e la sicurezza nell’area, sia il riconoscimento della Palestina. Il primo ministro spagnolo ha chiesto ai suoi omologhi, l’irlandese Leo Varadkar, il maltese Robert Abela e lo sloveno Robert Golob, di seguire questa strada.


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