Attualità

Ramy, omicidio stradale: la Procura accusa il Cc e l’amico

Chiuse le indagini, i pm si preparano a una richiesta di rinvio a giudizio

di Giorgio Brescia -


La Procura della Repubblica di Milano ha concluso le indagini sul caso di Ramy Elgaml, il 19enne deceduto lo scorso 24 novembre a Milano al termine di un inseguimento messo in atto dai carabinieri dopo aver cercato di dare l’alt al mezzo. I pm ipotizzano l’omicidio colposo sia per il carabiniere che quella notte si trovava al volante dell’ultima auto inseguitrice che all’amico del giovane, Fares Bouzidi, che guidava lo scooter. Li attende una probabile richiesta di rinvio a giudizio che a breve verrà definita. Resta aperta, infine, la parte di inchiesta che coinvolge altri carabinieri indagati per depistaggio e favoreggiamento, perché in due avrebbero intimato a un teste di cancellare un video girato nella circostanza dell’impatto dello scooter su un palo della segnaletica stradale.

Ramy, indagini chiuse: per la Procura fu omicidio stradale

I pm ipotizzano un concorso di colpa di Fares Bouzidi e del carabiniere alla guida dell’autoradio dell’Arma: responsabilità comune per quell’urto che, nella fase finale dell’inseguimento, portò proprio alla “caduta” e allo “slittamento” dello scooter e alla morte di Ramy Elgaml.

Per la Procura contarono la guida pericolosa nella fuga dell’amico ma pure la distanza “inidonea” mantenuta dal carabiniere, troppo vicino allo scooter, nonché la “lunga durata dell’inseguimento”.

Le relazioni, le perizie, le controperizie

Domenico Romaniello, ingegnere consulente dei pm Giancarla Serafini e Marco Cirigliano – nei mesi scorsi erano circolate indiscrezioni su un comportamento del Cc alla guida considerato “corretto”), ritiene che quando lo scooter tentò di svoltare a sinistra all’incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta, sbandò e deviò improvvisamente a destra e il carabiniere dell’ultima macchina inseguitrice se lo trovò in traiettoria. Non poteva sterzare, tentò di frenare ma non potette evitare l’urto.

I consulenti della difesa Fares e della famiglia di Ramy hanno esposto ai pubblici ministeri una diversa visione di quanto accaduto. Per l’ingegnere Matteo Villaraggia, l’urto avvenne non in prossimità del palo semaforico ma poco prima dell’intersezione, quando i veicoli erano affiancati. Fu quello che viene definito uno speronamento, da qui il concorso in omicidio per il militare.


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