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Recensione – Buttando acqua su “Burning Body”

di Nicola Santini -


Rubrica “Visto Da” – Buttando acqua su “Burning Body”

Quando una serie segue in ordine cronologico un documentario, è abbastanza prevedibile che poi i paragoni si sprechino. Figuriamoci se documentario e serie romanzata te li vedi sulla stessa piattaforma lo stesso giorno. In più se il brodo si allunga in 8 puntate in salsa poliziesca e la storia è vera, per cui poi la struttura è sottoposta a controlli continui anche se ci si siede con il telecomando in mano e, magari, l’idea di svagarsi.
Se volete fare così, accomodatevi, e disconnettetevi dalla realtà così come da qualsiasi narrazione precedente. E allora Burning body vi prende, vi appassiona, vi conquista? No. Ma sicuramente vi intrattiene. E il giochino dei paragoni malaccio non è, specie se la psicologia dei personaggi è capovolta in un formato rispetto all’altro.
Burning Body, è la serie basata sugli eventi reali che circondano l’omicidio di Pedro Rodriguez, avvenuto nel 2017 a Barcellona.

Se da una parte la serie è fedele agli eventi e ai protagonisti della vita reale, diversi elementi narrativi sono stati aggiunti per aumentare il dramma. La produzione ha anche debuttato un documentario parallelo intitolato ‘Rosa Peral’s Tapes’.
Il documentario mirava a dare voce a Rosa Peral, offrendole l’opportunità di raccontare la sua storia e forse mettere in dubbio la sua colpevolezza.
Ha cercato di esplorare la complessità del suo caso e di criticare il modo in cui le donne sono spesso ingiustamente trattate nel sistema giuridico. Il film voleva anche evidenziare come le vite personali dei protagonisti possano talvolta eclissare le prove concrete nel contesto legale. In sintesi, voleva spingerci a riflettere sulla moralità del sistema giuridico. D’altra parte, la serie ‘Burning Body’ ha un’angolazione diversa, più drammatica. Inizia con un setup interessante ma può apparire prolissa distribuita su otto episodi. Se uno è di questo avviso, il documentario potrebbe sembrare decisamente più coinvolgente e coerente, cosa che a me, per esempio ha fatto.
Il fulcro della serie è l’omicidio di Pedro e la terrificante scoperta del suo cadavere incendiato vicino al bacino di Fiox.

L’omicidio è raffigurato come premeditato, con Rosa come mente criminale e Albert come suo aiutante volontario.
Mentre la serie conserva i nomi reali dei protagonisti, come Rosa Peral, Albert Lopez e Pedro Rodriguez, aggiunge un tocco di realismo che può essere inquietante. Ma a differenza della realtà, in cui Rosa era coinvolta con un uomo di nome Ruben, nella serie il suo ex compagno è Javi, un altro agente di polizia.
La serie usa questi dettagli per creare un universo poliziesco che mette in luce le imperfezioni e la corruzione del sistema. Man mano che la trama si sviluppa, affronta anche i diversi temi, come le intricate relazioni di Rosa e i segreti della sua vita, rendendo il tutto intrigante per gli appassionati di veri delitti.
Piacere mi è piaciuto, sono sincero, però a volte l’ho trovato rococò, con delle evidenti forzature, che, ormai ci ho fatto il callo, capisco essere escamotage paraculi per aggiungere puntate ad una serie che in 4 episodi avrebbe mantenuto la giusta (passatemi il termine politicamente scorretto nella fattispecie), brasatura delle emozioni che comunque ci sono. Regia e fotografia sono ben curate. Nulla che non si sia già visto in genere, ma tutto dove deve stare. La forzatura sta nella scrittura, nella narrazione e nel voler esaltare dei dati psicologici che già basandosi sulla storia vera potevano lasciare spazio a quel margine di libera interpretazione senza pretendere di dirigere per forza il 100% dell’empatia o del disprezzo verso questo o quel personaggio. Ma la piega, o la piaga, di tante produzioni odierne, è spesso quella.

Un’altra cosa che disturba, non sempre ma qui in Burning Body sì, è la bellezza degli attori. Diventa eccessivo il patinare i manigoldi, rendendoli simili a dei photoshoppati influencer se poi il paragone con la realtà è a portata di click. E anche questo non è nuovo, per carità, però a volte dona a volte disturba. In questo caso un po’ più di attenzione a sciupare i volti scegliendo un cast di gente altrettanto (non ho nulla da dire sull’interpretazione) brava ma meno bellissima avrebbe contribuito a dare veridicità alla serie anche se, come sostiene chi si è sorbito le 8 puntate in una sera sola, “se vuoi la verità, guarda il tg”. Forse l’idea del documentario in contemporanea bene non gli ha fatto. Beh, no.


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