Ambiente

Record di gru sul Po, ponte verso l’Europa

di Redazione -


Migrano in formazioni a “V” o lineari e in volo tengono il collo e le lunghe zampe distesi. La loro voce assomiglia al suono di una tromba, un gutturale kruuk e un più calmo kr-r-r-r. Sono grigie con una sinuosa striscia bianca ai lati del capo e del collo che contrasta con il nero della testa e della gola. Sul capo hanno una macchia rossa. Al di fuori del periodo riproduttivo si muovono quasi esclusivamente in stormi composti anche da decine e a volte da centinaia di individui e lungo il loro viaggio si fermano nelle aree umide, per riposarsi o rifocillarsi di insetti, piccoli anfibi e pesci, ma anche di semi. Sono le gru. Un animale che, ogni anno, l’Ente di gestione delle Aree protette del Po piemontese censisce partecipando ad una iniziativa coordinata a livello nazionale dall’ ISPRA.

Per questo, le gru sono seguite dalla seconda metà di novembre alla seconda metà di febbraio. L’attività coinvolge personale dell’Ente-Parco, quello dell’Ente di gestione delle Aree protette dell’Appennino piemontese ed esperti e volontari del Gruppo Piemontese Studi Ornitologici Bonelli.

Un gruppo di uccelli, 750 esemplari, si è radunato a Crescentino nei dintorni del ponte sul Po, mentre altri 3535 sono stati contati nella zona della confluenza tra i fiumi Sesia e Po. Negli ultimi vent’anni il numero di gru che migra attraverso l’Italia è in costante aumento: la nostra penisola è per loro un “ponte” terrestre verso l’Europa centrale, settentrionale e orientale, dai Balcani alla Russia, fino a alla Mongolia e all’Asia minore ove si riproducono. Poi, svernano in zone calde: dai siti riproduttivi si dirigono verso il Nord Africa, oppure, come nel caso delle gru che raggiungono il Piemonte, attraversano il mare Adriatico dirette alla penisola iberica.

Quest’ultima “via”, che utilizza come direttrice la Pianura Padana e il Po e porta le gru anche in Piemonte, si è evidenziata negli anni 2000 ed è in espansione. La spiegazione del loro cambio di abitudini potrebbe essere dovuta all’aumento della popolazione, conseguente ai cambiamenti del clima e dunque legata alla maggiore natalità causata dal prolungamento del periodo riproduttivo e alla diminuzione della mortalità, conseguenza delle temperature più miti. Ma anche, e soprattutto, potrebbe essere uno dei risultati conseguiti dalle politiche di conservazione. In aggiunta, forse anche una maggiore disponibilità alimentare data anche dall’incremento delle coltivazioni di mais.

In ogni caso, 4285 gru svernanti rappresentano un numero record, che si inserisce nella tendenza alla crescita riscontrata negli ultimi anni.


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